Si rafforza l’orientamento giurisprudenziale che prevede la possibilità per una Sri di nominare semplicemente un organo di controllo senza attribuire ad esso la revisione. Dopo il Tribunale di Bologna (decreto 23 maggio 2019) è il Tribunale di Roma (decreto 1° giugno 2020, che cita espressamente il precedente felsineo) a sostenere questa lettura dell’articolo 2477 del Codice civile , del tutto minoritaria in dottrina. La norma codicistica (dal testo più volte rimaneggiato ma ancora in soddisfacente come provano i tanti dubbi applicativi) prevede la nomina (facoltativa od obbligatoria) di un «organo di controllo o revisore», precisando altresì (al comma 4) che «nel caso di nomina di un organo di controllo, anche monocratico, si applicano le disposizioni sul collegio sindacate previste perle società per azioni», le quali, come è noto, hanno come regola generale la separazione tra le due funzioni. L ‘ articolo 2409- bis del Codice civile prevede infatti che: • la revisione legale è esercitata da un revisore singolo o da una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro; • lo statuto delle società che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale è interamente costituito da revisori legali iscritti nell’apposito registro. Secondo il tribunale di Roma, l’assemblea della Sri è libera di decidere non solo se affidarsi ad un organo monocratico o pluripersonaie (aspetto questo che non ha mai generato dubbi interpretativi, ma se del caso qualche problema di verifica di coerenza con quanto previsto a livello statutario), ma anche se nominare un revisore od un sindaco, in quest’ultimo caso con facoltà anche di limitare l’incarico alla vigilanza di legalità, con esclusione del controllo contabile. In presenza di questa scelta, diverrebbe quindi inapplicabile il precetto contenuto nell’articolo 2397 del Codice civile che richiede che almeno un membro effettivo ed uno supplente siano scelti tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro, previsione appunto confinata all’esercizio del controllo legale dei conti. Peraltro, va evidenziato che il decreto del tribunale di Roma termina con il rigetto del ricorso della società, ma non perché si nominava un sindaco che non svolgeva anche la revisione, quanto perché il verbale di nomina precisava solo che era nominato un sindaco unico senza ulteriori specificazioni, e, quindi, secondo il Tribunale, cumulando tanto il controllo sulla gestione quanto la revisione dei conti. Secondo la tesi prevalente in dottrina, mentre il sindaco unico/ collegio sindacale svolge sia il controllo di legalità che la revisione (si vedano la circolare n. 19510/2012 di Confindustria; la circolare n. 6/2012 e il caso n. 3/2012 di Assonime; Assirevi, Documento di Ricerca n. 172/2012 di Assirevi e Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, Documento di aprile 2012), il revisore si limita a quest’ultima. Questo orientamento si basa anche sul fatto che la revisione contabile è materia soggetta alla disciplina comunitaria – direttive 2013/34/Ue e 2006/43/Ce – la quale prevede appunto che i bilanci d’esercizio e consolidati – con deroga per i soggetti minori – siano soggetti a revisione. Ove fosse corretta l’interpretazione dei Tribunali di Roma e Bologna ciò potrebbe non verificarsi anche per Sri di medio/grande dimensione, limitandosi l’organo di controllo alla sola vigilanza di legalità. Questo scenario appare in contrasto con la disciplina unionale, che ammette l’esenzione della revisione legale per le Sri di minori dimensioni (al fine del contenimento dei costi amministrativi) ma non certo l’esclusione dall’obbligo per quelle di medie e grandi dimensioni.
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