Governo, via libera al Def: scostamento da 40 miliardi per sostenere l’economia

ROMA – Il governo ha dato il via libera al Def e ad un nuovo scostamento di bilancio da 40 miliardi per garantire i ristori per le chiusure del 2021. In questo modo, si legge nel Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri, il deficit per il 2021 schizza ll’11,8%. La crescita invece, con il tendenziale acquisito al 4,1%, è programmata al 4,5%.

Secondo le previsioni del Def, nel 2022 il pil crescerĂ  del 4,8%, per poi salire del 2,6% nel 2023 e dell’1,8% nel 2024, “tassi di incremento mai sperimentati nell’ultimo decennio”, sostiene Palazzo Chigi. Il deficit, invece, scenderĂ  al 5,9% nel 2022, al 4,3% nel 2023 e al 3,4% nel 2024. A partire dal 2025, il rapporto deficit/pil tornerĂ  a scendere sotto il 3%.

Il rapporto debito/pil, a quanto si apprende, è invece stimato nel Def al 159,8% nel 2021, per poi diminuire al 156,3% nel 2022, al 155% nel 2023 e al 152,7% nel 2024.

FRANCO: SCOSTAMENTO DA 40 MLD, SPERO SIA ULTIMO DI TALE PORTATA

“L’auspicio del governo è che, grazie ad andamenti epidemici ed economici sempre piĂš positivi nei prossimi mesi, questo sia l’ultimo intervento di tale portata”. CosĂŹ il ministro dell’Economia, Daniele Franco, nella premessa del Def, come si legge in una bozza del documento. Il prossimo decreto a sostegno delle imprese “vedrĂ  la luce a fine aprile”, si legge.

“Il nuovo decreto- insiste il ministro- avrĂ  come destinatario principale i lavoratori autonomi e le imprese, e concentrerĂ  le le risorse sul rafforzamento della resilienza delle aziende piĂš impattate dalle chiusure, la disponibilitĂ  di credito e la patrimonializzazione. Si darĂ  la prioritĂ  alla celeritĂ  degli interventi, pur salvaguardandone l’equitĂ  e l’efficacia”.

La prima esigenza che il governo ha avvertito, prosegue il titolare del Mef “e ancora avverte, è di continuare a sostenere l’economia con grande determinazione, compensando anzitutto i lavoratori e le imprese piĂš danneggiati dalle misure sanitarie che si sono rese necessarie”. Questo “non solo per ragioni di doverosa solidarietĂ  e coesione sociale, ma anche per evitare che la chiusura definitiva di posizioni lavorative e di aziende che in condizioni normali sarebbero in grado di stare sul mercato abbassi il Pil potenziale del Paese”

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