Le associazioni dei commercialisti: “Perplessità sul nuovo codice deontologico e sulla sua frettolosa approvazione”

“Il Codice Deontologico approvato la scorsa settimana dal CNDCEC non risolve affatto le criticità messe in luce lo scorso 9 marzo dalle nostre Associazioni”. Lo scrivono le associazioni dei commercialisti Anc, Andoc e Unico in un comunicato congiunto.

“Pur accogliendo alcune osservazioni sulle attribuzioni dei Consigli di disciplina e dei Consigli dell’Ordine” – è scritto in una nota – “il nuovo testo non ha tenuto conto di tutti gli altri rilievi formulati, rimasti orfani di un doveroso confronto”.

Inoltre, il Consiglio Nazionale, non ha ritenuto di rendere pubblici i contributi pervenuti dagli Iscritti, dai Consigli degli Ordini, dai Consigli di Disciplina o organismi portatori di interessi a vario titolo. Riteniamo questa, una chiusura inesplicabile, un’occasione mancata di confronto, di dialogo e di conseguente arricchimento.

Anche la tempistica assegnata alla pubblica consultazione ha ostacolato un serio e diffuso lavoro di riflessione e produzione. A quanto ci è dato sapere, è pervenuta al Consiglio Nazionale una grande quantità di richieste di slittamento del termine, troppo esiguo, di soli 17 giorni concessi per inviare le osservazioni, insufficiente anche agli stessi Ordini per poter organizzare al proprio interno un confronto con i rispettivi iscritti.

In una democrazia matura, questo modo di procedere, oltrepassando i limiti di competenza che la Legge assegna è inaccettabile, come è inaccettabile il sostanziale spoglio delle prerogative degli Ordini, a cui abbiamo assistito.

In questo desolante quadro di soppressione del confronto, abbiamo ritenuto opportuno affidare ad un documento pubblico le nostre osservazioni sulla nuova formulazione del nostro codice di comportamento.

In particolare abbiamo espresso le nostre perplessità sull’Art. 14 (Rapporti tra Colleghi) che al c. 2 lascia spazio alla discrezionalità e alla libera interpretazione, e che vede eliminato il c. 3, nel quale si valorizzava la ricchezza rappresentata dalla fascia anziana della Categoria.

Inoltre, non si comprende la ragione dell’eliminazione del c. 3 dell’Art. 21 (nuovo 20), che imponeva, a garanzia dei terzi, la corretta autovalutazione precedente all’accettazione di un incarico, come invece si ritiene superfluo il divieto di mettere in atto comportamenti che il nostro Ordinamento giuridico già riconosce come illeciti.

Un’occasione mancata è quella di non menzionare né il Codice di autoregolamentazione delle astensioni collettive dalle attività svolte dai Dottori Commercialisti e dagli Esperti Contabili, e neanche comportamenti da mettere in atto nelle ipotesi di malattia o infortunio del Professionista, entrambe conquiste di civiltà professionale.

Anche sui compensi (Artt. 24 e 25), permangono diverse lacune interpretative, come anche l’Art. 39 (mezzi di informazione e canali social) lascia spazio a valutazioni arbitrarie.

Sul titolo professionale, abbandonato l’assurdo proposito della formulazione proposta, si rimanda asetticamente a quanto previsto per Legge. Rimane il dubbio sulle finalità che avevano guidato la formulazione proposta in consultazione È nostra intenzione continuare a presidiare su eventuali futuri anacronistici tentativi di ritorno al passato.

Di certo, il nuovo Codice, di cui evidentemente i nostri Vertici avvertivano fortemente e l’esigenza, non ha affrontato, né tantomeno risolto il problema della scarsa attrattiva verso la Professione e dell’assoluta mancanza delle tutele delle nostre caratteristiche competenze professionali.

Vi è stata, infatti, una frettolosa quanto inopportuna inversione cronologica tra la riforma del D. Lgs. 139/05 e la variazione del codice di comportamento interno, delle cui ragioni, la Categoria attende di essere messa a parte.

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