Roma, finisce la consiliatura di Virginia Raggi: ultimo atto tra urla e insulti

ROMA – L’ultima seduta dell’Assemblea Capitolina dell’era Raggi è finita tra le urla e gli insulti. Con la certificazione definitiva di una maggioranza, quella dei 5 stelle, divenuta irreversibilmente minoranza e tra gli inediti tentativi dell’ultras grillino Paolo Ferrara di prendere la parola, pur essendo formalmente assente in aula, complici i lavori da remoto tramite piattaforma web, per attaccare gli avversari politici. Nessuno, cinque anni fa, avrebbe immaginato un ultimo atto come questo.

Oggi l’Aula avrebbe dovuto approvare alcuni ordini del giorno sul tema della riforma dei poteri di Roma Capitale. L’Assemblea era stata convocata in seduta straordinaria l’ultimo giorno utile della consiliatura prima dello scioglimento e i due Odg sarebbero dovuti essere il lascito politico dell’ex maggioranza che sostiene Virginia Raggi al Parlamento, che ha ancora un paio di anni per portare a casa uno dei due progetti di riforma dei poteri per la Capitale d’Italia. Ma l’ultimo atto formale dell’aula non è stato un voto, bensì la decisione del presidente Marcello De Vito di chiudere i lavori per mancanza di numero legale, un copione già visto molte volte, soprattutto negli ultimi tempi, da quando le opposizioni sono diventate maggioranza grazie all’alto numero di consiglieri passati dal M5s ai gruppi di minoranza.

Prima dell’epilogo della consiliatura, però, era successo un po’ di tutto. La miccia che aveva dato fuoco alle polveri era stato l’intervento finale della sindaca Raggi, che con tono severo, aveva rimproverato i consiglieri per “l’inutilità dei lavori”. Da lì in poi i consiglieri si sono scatenati. Sono volati insulti a microfono acceso. E Paolo Ferrara, ex capogruppo M5s, ha preso la parola in autonomia per criticare i colleghi degli altri partiti prima di essere ‘stoppato’ dal presidente De Vito, che ha infine chiuso tutto con un saluto istituzionale al personale del Campidoglio.

La consiliatura Raggi finisce formalmente qui, salvo eccezioni. L’aula verrà sciolta in giornata e l’amministrazione nel suo complesso potra solamente approvare atti di ordinaria amministrazione, quelli indifferibili e quelli urgenti. Da domani si apriranno i 45 giorni canonici prima del voto del 3 e 4 ottobre. Poi Roma avrà un nuovo sindaco.

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