Covid, l’allarme dell’Onu: “Negli ospedali africani manca ossigeno, mortalità cresce del 50%”

Di Francesco Mazzanti

ROMA – Nel mondo ci sono 70 Paesi che non hanno ossigeno sufficiente per curare i malati di Covid-19. E molti degli Stati più in difficoltà sono africani, almeno 25, con situazioni particolarmente gravi in Etiopia, Nigeria, Ghana, Benin, Togo, Costa d’Avorio e Somalia. E’ la denuncia di Every Breath Counts, un’associazione che supporta i Paesi più poveri nella lotta alla polmonite.

Il problema della mancanza di ossigeno negli ospedali africani è stato anche al centro di un incontro organizzato giovedì scorso da Unitaid, agenzia sanitaria legata all’Oms che si occupa di prevenzione e cura delle malattie nei Paesi a basso e medio reddito. “Se vogliamo garantire la sicurezza – ha detto durante l’incontro Raji Tajudeen, medico e responsabile degli Africa Centers for Disease Control, un’organizzazione di salute pubblica dell’Unione africana – non possiamo dipendere dalle importazioni di ossigeno. Sappiamo che con le prossime ondate si creeranno nuove varianti e, data la scarsa copertura vaccinale nel continente africano, abbiamo bisogno di continuare a investire nelle forniture”.

In Africa, infatti, solo il 2,8% della popolazione è completamente vaccinata e la mancanza di ossigeno, inoltre, sarebbe per l’Oms una delle cause “dell’aumento preoccupante” della mortalità in alcuni Paesi. Il report dell’Oms sull’andamento globale della pandemia da Covid-19, tra il 23 e il 29 agosto, dimostra come in otto Paesi del continente ci sia stato un aumento del 50% di decessi rispetto alla settimana precedente.

Philippe Duneton, direttore esecutivo di Unitaid, ha partecipato al G20 sulla salute a Roma e ha ricordato l’importanza di garantire medicine, ossigeno e vaccini ai Paesi in difficoltà. “Si stima che circa 1 milione di persone nei Paesi a basso e medio reddito abbia bisogno di più di 2 milioni di bombole di l’ossigeno al giorno” ha scritto Duneton su Twitter. “I Paesi del G20 hanno un ruolo chiave e possono assolverlo finanziando il fondo di solidarietà dell’Oms, Act-Accelerator”.

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