ROMA – Custodito dentro le mura della chiesa di San Lorenzo, a Roma, c’è un campo di calcio a 5. A volerlo fu padre Libero, un parroco e un grande amante dello sport, convinto che con la ‘scusa’ del pallone si potessero salvare i ragazzi dalle strade di un quartiere difficile. Col campo nacque anche una squadra: l’Asd Spes San Lorenzo, fondata nel 1909.
“Prima del campo c’era un cinema si chiamava l’Arena e tutti gli abitanti di San Lorenzo ci venivano a vedere i film. Poi è nato il campo da calcetto soprattutto per togliere i bambini dalle strade di un quartiere difficile. Sono nati dei bei giocatori qua, ma soprattutto ha salvato tante vite”, racconta Roberta Proietti, un passato alla Lazio e un presente come allenatrice dei piccoli dello Spes. Ma soprattutto, anima e dirigente accompagnatrice della squadra femminile di calcio a 5, oggi protagonista sul campo del San Lorenzo. Roberta ha giocato “fino a 40 anni”, in un periodo in cui giocare a calcio per una ragazza era molto piĂą complicato di oggi: “Abbiamo lottato tanto e quello che adesso hanno queste ragazze lo devono anche alle lotte di noi veterane”. Racconta che “nessuno credeva che le donne potessero giocare a pallone, tanti venivano a vederci solo per sfotterci. Poi si sono ricreduti”. Anche se la situazione sta migliorando e “negli ultimi anni il calcio femminile sta crescendo molto”, sottolinea Flavio Villecco, l’allenatore della squadra, la strada è ancora lunga e i pregiudizi sono ancora tanti. “A volte si fa fatica anche a trovare giocatrici giovani- continua Villecco- perchĂ© i genitori lo vedono ancora come uno sport maschile e cercano di evitare che le proprie figlie si possano iscrivere a calcio”.
Susanna Gradoni, pivot e capitano della squadra, si è avvicinata la prima volta spinta dalla curiositĂ . “Una mia amica- ci racconta- giĂ frequentava questo campo e una volta mi disse di venire a provare: sono venuta, mi sono divertita e sono rimasta”. Marianna Kay Maddock, ala, a calcio gioca da sempre: “Ho iniziato quando avevo cinque anni, giocavo in una squadra maschile”, poi si è trasferita negli Stati Uniti, ma senza smettere di giocare. Una passione che non l’ha abbandonata neanche quando ha fatto ritorno in Italia ed è andata ad abitare nel quartiere San Lorenzo. “Mi ero iscritta a una pagina di calcio femminile sui social- ricorda Marianna- e la Spes è stata una delle prime societĂ a contattarmi; sono venuta a provare e mi sono subito trovata bene”.
I tempi cambiano, ma gli stereotipi rimangono sempre quelli: “Dicono che non ce la possiamo cavare- ci dice Susanna- che non resistiamo, che non andiamo in contrasto, che non corriamo” oppure “ti dicono che sei un maschiaccio, che fisicamente non sei all’altezza”, continua Marianna, ma in realtĂ , glissa Susanna, “sono solo pregiudizi”. Roberta ne è convinta: “Ogni sport praticato da un uomo può essere praticato da una donna, certo abbiamo strutture fisiche diverse, ma noi siamo piĂą intelligenti”. Sicuramente una differenza c’è: l’approccio piĂą maturo alla competizione. “Quando si va a giocare contro altre squadre- sottolinea – non ci sono quei litigi come si vedono sui campi maschili”.
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