La Corte di cassazione apre al contributo di solidarietà sulle pensioni della Cassa ragionieri introdotto nel 2004 per compensare – seppur in minima parte – il passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo. Con l’ordinanza interlocutoria 1797 del 24 gennaio la sesta sezione civile ha rimandato la questione alla pubblica udienza della quarta sezione lavoro. La Sesta accoglie la richiesta dell’ente di previdenza di rimeditare e sulla natura del contributo di solidarietà. Ad aprire una breccia su un tema che per anni ha visto le Casse di previdenza (in primis commercialisti e ragionieri) “perdere” davanti alla Corte suprema perché il «diritti acquisiti» devono essere tutelati “senza se e senza ma”, è stata la sentenza 173/2016 della Corte costituzionale (in quel caso il tema era il blocco e la perequazione delle pensioni Inps; una pronuncia che ha riconosciuto al contributo di solidarietà un ruolo di riequilibrio del sistema previdenziale e di equità intergenerazionale bocciando l’assimilazione a una forma di prelievo tributario perché si ispira a un criterio di gradualità e non incide sulla generalizzata categoria dei pensionati ma solo sui beneficiari del regime retributivo più favorevole, in termini di reddito, rispetto a quello contributivo . Un altro importante messaggio portato avanti dalla difesa di Cassa ragionieri e “accolto” dall’ordinanza riguarda la natura delle norme che hanno introdotto e applicato il diritto di solidarietà che «non sono provvedimenti amministrativi unilaterali dell’ente previdenziale ma norme giuridiche che, grazie all’autonomia conferita dal Dlgs 509/94 sono idonei a derogare e ad abrogare disposizioni aventi rango legislativo con l’unico limite della ragionevolezza». Insomma dopo diverse pronunce a favore dei pensionati – l’ordinanza ne cita se i dal 2015 al 2017 – un orientamento, finora granitico, comincia a vacillare.
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