Legittimo l’incremento («dall’originario 2% al 4%») del contributo ntegrativo per le prestazioni rese nei confronti della pubblica amministrazione, disposto dall’Epap (Ente previdenziale pluricategoriale) per arricchire i montanti dei suoi iscritti. A sancirlo il Consiglio di stato che, con la sentenza 04062/2018, ha respinto il ricorso presentato dai due ministeri vigilanti delle Casse pensionistiche professionali (lavoro ed economia) contro la sentenza del Tar del Lazio 00966/2016. Il Tribunale amministrativo regionale laziale, in particolare, in relazione all’interpretazione del dicastero di via Veneto che aveva bocciato l’aumento di due punti percentuali del contributo integrativo nelle fatture destinate alla p.a. da parte degli associati all’Ente privato (chimici, geologi, dottori agronomie forestali ed attuari) per scongiurare «l’insorgere di maggiori oneri per la finanza pubblica», aveva messo nero su bianco come tale disposizione avrebbe potuto «determinare un’ingiustificabile e insanabile disparità di trattamento»; a subirne i danni maggiori, era stato specificato, sarebbero stati soprattutto gli iscritti con minore anzianità, giacché «il giovane professionista che svolgesse la propria attività professionale in favore di pubbliche amministrazioni godrebbe di un incremento del proprio montante (visto che l’ente ha la facoltà di destinarvi parte del contributo integrativo, al fine di ritoccare verso l’alto l’ammontare del futuro assegno pensionistico, ndr) individuale» per una quota «dimezzato, rispetto a quello del collega» che esercitasse l’attività lavorativa «esclusivamente in favore di soggetti privati», malgrado le prestazioni erogate fossero le «medesime», con la sola differenza attinente alla natura (pubblica, o privata) del committente. II pronunciamento dei giudici della III sezione di palazzo Spada si sofferma pure sul significato normativo della «clausola di invarianza» (apposta solitamente dal legislatore alle norme con possibili riflessi finanziari sul bilancio dello stato), spiegando che «le nuove spese per interventi riconosciuti meritevoli dal legislatore sono possibili, se e nei limiti in cui le risorse finanziarie ordinarie lo consentono»; la clausola, dunque, «non si presta a disciplinare, né a limitare gli effetti incrementativi» generati dall’aumento al 4% dell’integrativo, nei casi in cui l’obbligo della sua corresponsione «faccia carico alle amministrazioni che entrino in (episodico) rapporto contrattuale con il professionista iscritto alla Cassa previdenziale». Al fianco dell’Epap, «ad adiuvandum», si erano costituiti in appello l’Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati e privatizzati) e la Cnpr (Cassa dei ragionieri), ai quali il presidente dell’ente pluricategoriale Stefano Poeta ha rivolto un «ringraziamento particolare» per averne «fortemente sostenuto» l’azione che ha portato alla definitiva bocciatura, da parte del Consiglio di stato, del ricorso al Tar dei ministeri vigilanti degli istituti pensionistici disciplinati dai decreti legislativi 509/1994 e 103/1996.
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