Con il Decreto Dignità il costo del lavoro per le aziende sarà più salato

Il costo del lavoro è sempre stato tra i principali imputati della precarietà, del lavoro nero e della disoccupazione nel nostro Paese. In tutte le programmazioni politiche e amministrative la sua riduzione è sempre stata nella top ten delle proposte. Con l’approvazione del Decreto Dignità si è aperta la discussione sugli effetti che il provvedimento avrà sui costi delle imprese. In particolar modo per i datori di lavoro che assumono per brevi periodi e poi procedono a uno o più rinnovi. Il provvedimento, nato per incentivare la stabilizzazione del lavoro precario, estende la possibilità di recupero del contributo addizionale NASpI anche alle maggiorazioni introdotte dal 12 agosto 2018 e introducendo uno sgravio triennale per le stabilizzazioni operate a partire dal 2019. Ma quanto pagheranno in più le aziende con il decreto Dignità?

Il legislatore con questo provvedimento ha ritenuto opportuno aumentare gli oneri contributivi a carico dei datori di lavoro che procedono a più rinnovi contrattuali. Nel contempo, si è provveduto ad introdurre un nuovo sgravio contributivo, che sarà fruibile dal 2019, volto ad incentivare le assunzioni a tempo indeterminato e le stabilizzazioni dei rapporti di lavoro a termine. Il quadro normativo prevede dunque, da un lato, maggiori paletti sul lavoro precario e, dall’altro, un risparmio contributivo per i datori di lavoro che trasformano il contratto a tempo indeterminato.

Il contratto a tempo determinato può avere una durata superiore ai 12 mesi solo in presenza di una di esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività; ragioni sostitutive; esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili della attività ordinaria;

In caso di stipulazione di un contratto superiore ai 12 mesi in assenza di una delle causali giustificatrici, il contratto si trasforma in un contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento dei 12 mesi. Tale limite massimo può essere derogato con la stipula di un nuovo contratto a tempo determinato, della durata massima di 12 mesi, presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio; con ricorso alla contrattazione collettiva, anche aziendale, che può prevedere in deroga un limite più elevato.

Il contratto a termine può essere rinnovato solo in presenza di una delle causali previste dalla legge dignità e può essere liberamente prorogato solo nel periodo massimo dei 12 mesi, in caso contrario la proroga dovrà essere sostenuta da una delle ragioni previste dal comma 1 dell’art. 19 della legge n. 96/2018. Il numero massimo delle proroghe viene inoltre da 5 a 4 nell’arco dei 24 mesi.

Il contributo introdotto dalla legge Fornero, in misura pari all’1,4 % che grava oggi sull’imponibile contributivo di tutti i contratti a tempo determinato, e finalizzato a finanziare la Naspi, viene incrementato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.

Questo contributo di 1,40% va ad aggiungersi all’1,61% già previsto a finanziamento della NASpI per qualsiasi tipologia contrattuale.

Il contributo aggiuntivo all’INPS non è dovuto con riferimento alle seguenti categorie di lavoratori:

– lavoratori assunti con contratto a termine in sostituzione di lavoratori assenti;

– lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al D.P.R. n. 1525/1963, nonché – per i periodi contributivi maturati dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 – per lo svolgimento delle attività stagionali definite tali dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011, dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative;

– apprendisti;

– lavoratori dipendenti (a tempo determinato) delle pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001).

Restituzione

Al fine di incentivare le stabilizzazioni dei rapporti di lavoro, resta in vigore la norma in base alla quale il contributo addizionale può essere recuperato dai datori di lavoro che, entro 6 mesi dalla scadenza del contratto, trasformano il rapporto in un contratto a tempo indeterminato. Tale opportunità si estende anche alla contribuzione aggiuntiva prevista dal decreto Dignità.

La restituzione può avvenire anche se il datore di lavoro, entro 6 mesi dalla scadenza del contratto a termine, riassume il medesimo lavoratore a tempo indeterminato. In questo caso, al recupero della contribuzione maggiorata versata in dipendenza del contratto a termine, si aggiunge la possibilità di fruire, negli anni 2019 e 2020, per un periodo massimo di 36 mesi, dell’esonero dal versamento del 50 per cento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro nel limite massimo di 3.000 euro annui. L’assunzione o stabilizzazione deve riguardare i soggetti che non hanno compiuto il trentacinquesimo anno di età e non hanno precedenti esperienze lavorative a tempo indeterminato.

Andrea Vetromile

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