Tra le novità previste dal contratto di espansione figura una sorta di “scivolo” pensionistico, la cui regolamentazione è contenuta nel comma 5 dell’articolo 41 del Digs 148/2015. Ferma restando la necessità di stipulare un contratto di espansione secondo i canoni previsti dalla norma e i requisiti necessari alle imprese per accedervi, le aziende di grandi dimensioni hanno, oggi, a disposizione un nuovo strumento. Si tratta della possibilità – parallela alla formulazione di un piano programmatico per l’assunzione di nuove professionalità – di adeguare il proprio organico ai nuovi processi a contenuto più tecnologico e di far uscire in modo non traumatico dall’azienda alcuni dipendenti, accompagnandoli “dolcemente” verso il conseguimento della pensione. La norma riprende alcuni aspetti dell’isopensione introdotta dall’articolo 4 della legge 92/2012. Potranno essere coinvolti i lavoratori a cui mancano non più di 60 mesi per accedere alla pensione di vecchiaia sempre che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, ma si può puntare anche alla pensione anticipata. Il viatico obbligatorio per realizzare il ricambio tramite tale istituto passa attraverso un licenziamento concordato.
L’ACCORDO
La norma, infatti, si preoccupa di prevedere, come obbligatori, sia un apposito accordo (tra azienda e lavoratore) di non opposizione al licenziamento, sia l’acquisizione, da parte del datore di lavoro, di un palese consenso scritto con cui i dipendenti interessati manifestano il proprio assenso riferito al loro coinvolgimento nell’operazione. Quindi anche se, per effetto dell’adozione di tale strumento, il lavoratore perde l’impiego, la sua uscita dall’azienda prevede un atterraggio morbido.
L’ASSEGNO
Negli anni che gli restano ancora per maturare il diritto a pensione, egli non rimarrà senza sostentamento economico e senza copertura contributiva ai fini pensionistici. Saranno, infatti, lo Stato (da una parte) e il datore di lavoro (dall’altra) ad assicurargli tali provvidenze. Nel periodo intercorrente tra il licenziamento e il momento in cui potrà ricevere la pensione, il lavoratore percepirà un’indennità mensile pari al trattamento pensionistico lordo maturato al momento in cui è cessato il rapporto di lavoro. Questa indennità sarà composta dalla Naspi (se spettante e con le regole previste) e da una integrazione – utile a colmare la differenza di importo – a carico dell’azienda. Per entrambi gli interventi è assicurata la copertura pensionistica (per la Naspi: contribuzione figurativa; per la parte a carico del datore di lavoro: contribuzione correlata, quest’ultima dovuta solo nel caso in cui il primo traguardo raggiungibile, dal lavoratore, sia costituito dalla pensione anticipata). Al termine della Naspi, la cui durata è al massimo di 24 mesi, l’intero onere resta a carico dell’impresa.