Adesioni in crescita alle forme pensionistiche integrative: al 31 dicembre scorso, infatti, il numero delle posizioni in essere si attestava a 9,133 milioni (+4,5% al confronto con l’annualità precedente), di cui oltre 6,6 milioni aperte da lavoratori dipendenti. E, tendendo conto che la platea comprende anche i titolari di più di un modello di previdenza complementare, il complesso degli iscritti «può esser stimato in 8,310 milioni di soggetti». E quel che si legge nell’ultima rilevazione statistica della Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), che fotografa la salita dei fondi negoziali (159 mila posizioni in più, pari a un progresso del 5,3% ), portandone il totale alla fine del 2019 a 3,161 milioni, laddove, si precisa, «gran parte della crescita è appannaggio dei dieci fondi per i quali operano meccanismi di adesione contrattuale: il fondo rivolto ai lavoratori del settore edile ha avuto l’incremento maggiore, seguito a distanza dal fondo territoriale per i lavoratori del Veneto e dal fondo destinato ai dipendenti pubblici»; nelle forme di mercato, i fondi aperti contano 1,551 milioni di posizioni (89 mila unità in più, +6,1%), rispetto all’anno precedente. Nei Piani individuali pensionistici (Pip) «nuovi», vi sono globalmente 3,419 milioni di adesioni (si avanza di 144 mila unità, con «un tasso di variazione del 4,4%»), in quelli preesistenti «le posizioni all’ultima rilevazione disponibile, risalente alla fine di settembre, erano 652 mila». Le risorse destinate a tutte le prestazioni ammontavano a 184,2 miliardi (non includendo la performance dei Pip «vecchi» nel 2019). Positivi, poi, i profitti: per ogni forma pensionistica integrativa e per ogni tipo di comparto, scrive la Covip, «al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno guadagnato il 7,2,1’8,3 e il 12,2%, rispettivamente, quelli aperti e i Pip di ramo III», mentre quelli di ramo 11’1,7%. Colpisce, infine, il raffronto tra il rendimento medio annuo dal 2010 del 3,6% per i fondi negoziali, del 3,8% per quelli aperti e del 3,8% per i Pip di ramo III, nonché del 2,6% per le gestioni separate di ramo I, al confronto con la rivalutazione media annua composta del trattamento di fine rapporto (ttr) pari, nel medesimo decennio, al 2%.
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