Ingorgo fiscale in arrivo a giugno e stop dei versamenti

La sospensione dei versamenti fiscali genera un gigantesco ingorgo fiscale a giugno e fa figli e figliastri. Lo stop dei versamenti previsto dal decreto legge «Cura Italia» (il di 18 del 17 marzo 2020) infatti, concentrando la regolarizzazione dei pagamenti sospesi nella mensilità di giugno, crea un vero e proprio intasamento fiscale nel mese in cui, tra l’altro, imprese e professionisti autoliquidano le imposte dell’anno pregresso versando contestualmente anche gli acconti per quello in corso. La sospensione inoltre essendo concessa solo per alcune tipologie di imprese, le cosiddette filiere maggiormente colpite dall’emergenza da covid-19 e per i soggetti con ricavi/compensi 2019 al di sotto dei 2 milioni di euro, rischia infatti di essere discriminatoria e di non agevolare coloro che effettivamente risultano attualmente a corto di liquidità. L’ingorgo di scadenze a giugno. Tutti i differimenti previsti dal di. Cura Italia andranno saldati nella mensilità di giugno e questo rischia di mettere a durissima prova le imprese che, molto probabilmente, saranno sprovviste della necessaria liquidità per affrontare una mole così ingente di pagamenti nel mese del tax day. Il differimento del versa mento delle imposte attualmente congelate infatti andrà saldato entro il 1 giugno (sebbene con possibilità di rateazione), così come sempre Ã1/6 andranno regolarizzate le rate scadute ed in scadenza della pace fiscale, mentre i pagamenti di cartelle e avvisi di accertamento sospesi fino al 31 maggio andranno corrisposti entro il 30 giugno. La tutela parziale delle filiere. Lo spirito della norma sarebbe quello di tutelare le «filiere» maggiormente colpite dalle disposizioni per arginare il covid-19, ma questo in realtà, avviene solo parzialmente. La c.d. filiera produttiva è infatti quella catena di passaggi che precedono la commercializzazione di un prodotto (o in senso «più ampio» anche dell’erogazione di un servizio). La sospensione prevista dal decreto legge «Cura Italia» puntando alle imprese operanti nel settore turistico-ricettivo, sport, arte, trasposto, ristorazione, intrattenimento ed educazione, di fatto non intercetta tutta la filiera in questi settori, ma centra unicamente l’ultimo anello della catena tagliando fuori tutti gli altri. Esempio banale: la sospensione è concessa a ristoranti ma non ai grossisti di generi alimentari che li riforniscono e che stanno subendo il contraccolpo della chiusura dei loro clienti ristoratori. I ricavi non sono sinonimo di profitto e tantomeno di liquidità. Per i soggetti con ricavi o compensi 2019 non superiori a 2 milioni di euro è prevista la sospensione dei versamenti di ritenute, contributi e Iva scadenti nel periodo tra 1’8 marzo ed il 31 marzo. In realtà, stabilire un parametro su ricavi e compensi 2019, banalmente identificati nel «fatturato», può essere fuorviante per due motivi. Il primo è che i ricavi non identificano un’impresa profittevole o con ampia disponibilità di liquidità. Esempio comune sono imprese in perdita ma con ricavi ben oltre i 2 milioni o quelle realtà che operano a basso margine per cui, di fatto, il profitto (l’utile) diventa solo una minima percentuale dei ricavi, benché essi siano magari di importi elevati. Il secondo è che stabilire un parametro vincolandolo all’annualità pregressa, il 2019 appunto, diventa poco performante poiché anche un’impresa con ricavi oltre i 2 milioni nell’anno passato, per colpa della chiusura imposta, può attualmente essere sprovvista della liquidità necessaria per affrontare i pagamenti. Farmacie e supermercati esentati dal pagamento. La norma, nel circoscrivere la sospensione, nssa parametri soggettivi e quantitativi non legandoli alla realtà attuale e creando di conseguenza discrasie lampanti. Attualmente infatti esistono rea
ltà che stanno incrementando notevolmente le vendite, è il caso di farmacie e supermercati che, oltre al svolgere un ruolo indispensabile per la comunità, ne stanno al contempo traendo il giusto (e meritato) profitto. In questo caso la legge non tiene conto di quanto detto e questi soggetti che non hanno subito l’obbligo di chiusura e che oltretutto stanno incrementando le vendite, se sotto i 2 milioni di euro di ricavi nel 2019, hanno comunque la possibilità di differire il pagamento quando in realtà avrebbero la capacità di effettuarlo.

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