Partite Iva: è in arrivo la stangata da 33 miliardi

“Sembra che gli aiuti concessi nelle settimane scorse servano solo per pagare le tasse di questi giorni. Con una mano incassi il bonus da 600 euro oppure ottieni un prestito con la garanzia di Sace, dall’altra ne devi versare migliaia per imposte e balzelli vari. Almeno un terzo delle partite Iva non è in condizione di rispettare le scadenze. Si procede giorno per giorno, senza sapere per quanto si potrà reggere”. Sergio Giorgini, vicepresidente del Consiglio nazionale dei Consulenti del lavoro, traduce il sendment di centinaia di migliaia di piccole e medie imprese finite in un ingorgo di obblighi fiscali che, da qui al la fine di luglio, per le casse dello Stato vale oltre trenta miliardi di euro. Liquidità preziosissima e rara dopo mesi di lockdown e con la ripartenza per molti ancora lentissima. Gli adempimenti si sommano a decine, ma quattro in particolare fanno girare la testa al popolo delle partite Iva: i saldi Irpef e Ires che dodici mesi fa valevano 13,3 miliardi (e ora non meno di 14) e gli acconti che, seppur prevedibilmente ridimensionati rispetto all’anno scorso perché in questa fase nessuno ha fretta di versare soldi al Fisco, si aggirano attorno ai venti miliardi. La proroga al 30 settembre invocata nei giorni scorsi nei calcoli dell’Ordine dei commercialisti consentirebbe di lasciare per qualche settimana 20 miliardi nelle tasche dei piccoli imprenditori, mentre rimarrebbe escluso chi supera i 5 milioni di euro di fatturato. A chiedere un rinvio, oltre alle opposizioni, nei giorni scorsi era stata Italia viva. Ieri si è aggiunto Luigi Di Maio, aprendo un primo spiraglio nell’esecutivo: «C’è un dibattito in corso, io sono tra quelli che pensano che si debba prorogare il termine – ha detto il ministro degli Esteri ospite di “Stasera Italia” su Rete 4 -. Non possiamo pensare di far pagare le tasse nel momento in cui l’Italia sta uscendo da un periodo di pandemia, dobbiamo dare respiro ai nostri imprenditori». Dal ministero dell’Economia però non arrivano segnali di apertura, dopo il no secco del viceministro Misiani, condiviso da Roberto Gualtieri e dal Pd. Nel Movimento 5 stelle le posizioni sono variegate: se Di Maio apre e molti parlamentari vanno in pressing, i grillini dentro il dicastero di via XX Settembre, la viceministra Laura Castelli in testa, sono più freddi. Nel frattempo, nel balletto Di dichiarazioni e circolari, negli studi professionali si corre contro il tempo: «Tra pratiche per gli ammortizzatori sociali e scadenze fiscali la situazione è insostenibile, gli uffici non ce la fanno a garantire tutti i servizi – allarga le braccia Giorgini -. Anche mercoledì sera è arrivata una nuova circolare Inps a complicare le cose. Stiamo morendo di direttive e mancanza di liquidità». 

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