Myanmar, militari sotto accusa per l’uccisione di una bambina

ROMA – I cittadini di Mandalay, una tra le principali città del Myanmar, hanno indetto una nuova manifestazione, questa volta per denunciare la morte di una bambina di sette anni, la più giovane vittima dopo il colpo di Stato dei militari dell’1 febbraio.

Stando a fonti di stampa concordanti, la bambina è stata raggiunta da un colpo d’arma da fuoco allo stomaco, esploso presumibilmente da un militare, ed è morta mezz’ora dopo l’arrivo in ospedale. Per protesta, ieri i cittadini hanno lasciato le strade e le attività commerciali vuote, un atteggiamento opposto rispetto alle iniziative cominciate l’1 febbraio dopo che le forze armate hanno rovesciato il governo eletto e guidato dal partito di Aung San Suu Kyi, la leader del movimento democratico, Premio Nobel per la pace.

L’Association for Assistance to Political Prisoners (Aapp) sostiene che la piccola Khin Myo Chit è rimasta uccisa martedì dopo che i militari avevano fatto irruzione nell’appartamento della famiglia. Una tattica, quella dei blitz nelle abitazioni private, che secondo gli attivisti la giunta praticherebbe per piegare il movimento di opposizione.

Il colpo d’arma da fuoco sarebbe stato in realtà diretto al padre della bambina, che la teneva tra le braccia. Secondo le testimonianze, il fratello di 19 anni è stato poi picchiato e arrestato. Il portale di informazione Myanmar Now riferisce inoltre che dopo la conferma del decesso, la famiglia di Khin Myo Chit ha preferito non tornare a casa per timore che i militari tornassero per portare via il corpo, cosa che poi è avvenuta nella tarda serata. I funerali della bambina si sarebbero quindi svolti in forma privata ieri mattina.

Oggi il portale Irrawaddy riferisce di numerosi arresti tra dirigenti, funzionari e impiegati delle banche e di aziende che da giorni scioperano contro il colpo di stato.
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