“Sono Enrico, risolvo problemi…”. Forse Letta deve andare a Milano, Torino, Bologna

BOLOGNA – Milano, Torino e Bologna: le tre ‘capitali’ del nord vanno al voto dopo l’estate. E sono tre città dove forse Enrico Letta farebbe bene a programmare una visita di persona in tempi brevi. Quando ha assunto la guida del Pd, Letta ha detto che deve riaffermarsi come “partito della prossimità sui territori”, “sfidare la Lega sul territorio” e che “il territorio sarà il nostro campo da gioco”. Milano, Torino e Bologna sono oggi luoghi dove il Pd forse non si gioca solo un sindaco da confermare o riconquistare. È già in ballo qualcosa di più. Soprattutto se, come ha detto sempre Letta, “il Pd non farà mai un piccolo partito, deve avere l’ambizione di guidare una coalizione” e le amministrative saranno il “primo test”.

L’attenzione ai territori per un partito, non solo il Pd (ma soprattutto per il Pd in queste tre città) è oggi fondamentale: non è solo il vecchio tema delle periferie di cui ricordarsi solo dopo che fanno esplodere i loro problemi. Le città, e soprattutto quelle tre città vogliono essere motori della ripresa, primi ponti tra Italia e Europa… Chi le guiderà non è faccenda di poco conto, è anticamera di equilibri politici successivi. E perchè Letta dovrebbe andarci, con tutto quel che c’è da fare a Roma? Perchè le cose da quelle parti stanno prendendo pieghe insidiose. E perchè darebbe un segnale concreto alla base.

A Torino un candidato sindaco ha rinunciato perchè il suo nome, “visto da molti come fattore di rinnovamento dentro il Pd è stato ritenuto da alcune forze politiche (in particolare dentro il Pd) come elemento di debolezza”; subito dopo, i segretari del Pd piemontese e torinese hanno detto: uno che si deve dialogare i 5 stelle e l’altro che non lo si deve fare. Postilla. “Torino è l’unica città importante dove la destra ha un candidato vero e sta macinando chilometri”, ha detto il segretario dem di Torino. A Milano il sindaco ricandidato Beppe Sala ha sposato i Verdi, “ennesimo tragicomico smacco” per i dem dice la Lega. “Sala è una risorsa”. smorza il Pd usando proprio quel termine che al solo sentirlo -ormai per tradizione nel centrosinistra- si tocca ferro. E anche a Milano dove il Pd si ritrova nel ruolo non comodissimo di primo portatore d’acqua e voti (se vinci hai aiutato, se perdi hai colpe), ci si arrovella tra sì e no al M5s. E Bologna: anche qui un candidato che si ritira in polemica, il sindaco che sbotta contro i suoi assessori perchè sfoggiano, per candidarsi, i risultati della sua amministrazione, un nome ‘votato’ dalla base che non viene candidato, il delfino del sindaco che è il candidato più accreditato ma divide il partito e allontana il centro moderato che i dem non vogliono lasciare alla destra. Basti pensare che a Bologna si evoca lo spettro di un bis della storica sconfitta del 1999.

Tutto lascia intendere che il dibattito sarà lungo e forse logorante. Per la base dem che storicamente invoca l’unità, un lungo travaglio pre-amministrative forse non giova. Specie su quei territori simbolici tanto richiamati dal neoleader. Basta perchè Letta dia un’occhiata? Lo facesse sarebbe un segnale importante, non limitandosi a parlarne da remoto, ma andando sul posto, dando il segno di una presenza. Sarà anche vero che, come si dice, decidono i territori. Ma sarebbe un ‘fatto’ se Letta volesse tradurre quelle parole d’ordine sul valore dei territori e sul loro essere centri della ripartenza del partito andando di persona ad occuparsene. In fondo si sta parlando della partita su 3 sindaci importanti, ma di un voto-snodo per il Pd che governa il paese e fatica a crescere nei consensi. Letta ha detto di essere “l’ultima chance” del Pd. Dunque, è chiamato all’impresa di ‘salvarlo’. Che vuol dire dargli modi d’essere nuovi. Cominciare a farlo vicino a dove elettori, iscritti, simpatizzanti sono chiamati a credere ancora nel Pd sarebbe un atto forte.

Tra l’altro quando al segretario del Pd di Siena hanno chiesto cosa pensasse della candidatura del salvatore Letta nel collegio parlamentare vacante in città, la risposta è stata “al segretario non si può dire di no…”. Ecco, Bologna e Torino e Milano possono essere tre ottime tappe per esercitare il corso di una nuova leadership del Pd.

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