Il progetto di digitalizzazione ‘Connectoma’ della Asl Roma 6

ROMA – “Il digitale e la sua pervasività rappresentano un cambiamento epocale, paragonabile a quello determinato da Gutenberg quando introdusse la stampa a caratteri mobili: quello che era un modo di produrre la conoscenza è cambiato per sempre perché è stato possibile sganciare il contenuto, la conoscenza, dal suo supporto”. Così definisce il progetto di digitalizzazione che sta sviluppando nell’Asl Roma 6 il professore e teologo Paolo Benanti, che si occupa per l’azienda sanitaria del territorio dei Castelli, di ‘Connectoma’. “Oggi grazie alle reti e al digitale, che irradia come una linfa tutte le nostre strutture – spiega Benanti – questo cambiamento è altrettanto rivoluzionario, soprattutto perché il digitale entra nella sanità. Ci sono ora tre aspetti in cambiamento: la carta, su cui vengono trasferite le notule mediche sono digitalizzate e quindi possono essere riprodotte; le informazioni digitalizzate cambiano a loro volta i processi; questi due aspetti determinano, infine, un nuovo strumento, ossia la ricerca intelligente delle informazioni riguardanti il paziente. Una ricerca che sarà in grado di elaborare i dati e prevenire disturbi e patologie. Immaginiamo che tutto questo è già dentro un’azienda sanitaria, l’Asl Roma 6, la quale ha avviato questa trasformazione mettendo il cittadino al centro. L’azienda, con questo progetto di digitalizzazione, ha capito che se la sanità vuole farsi carico del bene pubblico deve essere una sanità digitale. La risposta, lo sforzo, è il progetto Connectoma – riferisce il docente – la creazione di connessioni per rendere più agile e intelligente l’esistente, valorizzandolo. Dire che c’è una trasformazione digitale non vuol dire che ciò che c’era prima era sbagliato – avverte Benanti – ma significa attraversare il progetto con l’empowerment dei processi, con percorsi di formazione e la costruzione di una coerente informazione per il cittadino. Perché come diceva Henry Ford, la vera rivoluzione tecnologica non c’è finchè non è disponibile per tutti”.

IL DG MOSTARDA SPIEGA IL PROGETTO, L’APP E IL DOSSIER SANITARIO DELL’UTENTE

– Direttore Mostarda, come si traduce in atti concreti il progetto ‘Connectoma’?

“Oggi le tecnologie ci consentono di creare una rete più personalizzabile per attuare il processo di cura e dare risposte di salute, un punto d’incontro che non è solo virtuale e fisico- spiega Narciso Mostarda, direttore generale della Asl Roma 6-. In tempi di pandemia e anche piuttosto brevi abbiamo fatto partire oggi la nostra app Asl Roma 6, con la quale, oltre che prenotare un tampone si può seguire un familiare che si è recato presso un ospedale e monitorare la presa in carico, colmando quel gap informativo che ha sempre, purtroppo, contraddistinto il percorso di cura di un paziente nei confronti dei suoi cari, mandando in crisi le famiglie. E questo sarà possibile a maggior ragione in periodo di pandemia in cui non è possibile per un familiare sostare nelle sale di attesa dell’ospedale. L’altro aspetto sarà la digitalizzazione del consenso del paziente alla costituzione del proprio dossier sanitario. Il progetto è costruire un unico grande luogo in cui collocare tutte le informazioni sanitarie sensibili dei nostri utenti, ovvero poco meno di 600mila cittadini. Questa parte del progetto partirà il 15 aprile, già lo facciamo per la parte anamnestica della vaccinazione anti-Covid, ed in questa occasione il paziente potrà esprimere il proprio consenso alla digitalizzazione del dossier sanitario”.In che modo l’azienda si è resa flessibile, nella sua organizzazione, per far fronte ai bisogni di cura dei cittadini?

“Fin da marzo ci siamo attivati per rimodulare i setting di cura, sia nell’ospedale dei Castelli ma anche negli altri, individuando posti letto Covid, almeno 200, e riservando negli altri ospedali un numero inferiore per privilegiare la cura delle altre patologie. Oggi noi sappiamo trasformare l’organizzare in modo veloce, anche agendo sulle terapie intensive e rispondendo ai repentini bisogni di cura, sia nell’assistenza domiciliare per i pazienti Covid lievi, sia all’interno delle strutture ospedaliere per i pazienti con sintomatologia più grave. Abbiamo risposto anche con la creazione di due ‘Rsa Covid’ per gli anziani, una sfida che ha visto soccombere, purtroppo, altri territori. Abbiamo scelto due ex ospedali chiusi da alcuni anni e li abbiamo trasformati in Rsa, essendo i primi a farlo in Italia. Questo ci ha permesso di costruire un circuito forte in grado di contenere l’epidemia e occuparci della salute di tutti i cittadini. L’ultima sfida, almeno in ordine di arrivo, è la somministrazione di anticorpi monoclonali, per la quale siamo nella rete di 13 strutture in tutto il Lazio. Ieri siamo partiti, nell’ex ospedale di Albano che è una Rsa Covid, con l’infusione degli anticorpi di monoclonali in un paziente di 91 anni. Al termine del trattamento il paziente tornerà al proprio domicilio. A chiudere il cerchio, dalla prossima settimana partiremo con l’ambulatorio per pazienti Long Covid: un luogo per il monitoraggio degli esiti della malattia e per verificare le condizioni di salute del paziente nel tempo”. 

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