Spending, muro del Mef

Rimborsi (fermamente) negati alle Casse di previdenza private dei professionisti, che reclamano la restituzione di quanto versarono all’Erario nel quadro della «spending review» (legge 135/2012), sulla scia della sentenza della Corte Costituzionale 7/2017: il prelievo è stato, infatti, ritenuto sì illegittimo, ma ciò era «espressamente limitato» all’Ente che aveva presentato ricorso, quello dei dottori commercialisti (Cdc). E, pertanto, la richiesta che è stata avanzata dagli altri Istituti pensionistici disciplinati dai decreti legislativi 509/1994 e 103/1996 di riavere le somme riconducibili alle annualità 2012 e 2013, che complessivamente ammontano a 12,5 milioni, «non trova conforto» nella «ragionevole interpretazione» del pronunciamento della Consulta. E stato il ministero dell’Economia e delle Finanze a recitare, nel pomeriggio di ieri, il «de profundis» in merito alle istanze di recupero degli importi che furono il frutto del taglio dei «costi intermedi», voluto dal governo di Mario Monti: la numero due del dicastero. Laura Castelli, ha replicato, infatti, nella commissione Finanze di palazzo Madama, all’interrogazione presentata dal senatore di Fdl Andrea de Bertoldi che, citando l’articolo di ItaliaOggi del 28 aprile 2021, nel quale era stata sollevata la questione, aveva domandato i motivi per i quali via XX settembre non aveva ancora provveduto al ristoro delle somme, «il cui indebito versamento è stato successivamente dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale». E se, visto che non si è «ancora provveduto all’istituzione del fondo necessario», non dovesse esser ritenuto «urgente e necessario» disporlo «in tempi rapidi». La pronuncia di incostituzionalità, si legge nella risposta, «non ha espunto dall’ordinamento giuridico «ex tune» la norma in contestazione con effetto «erga omnes», cosa che sarebbe avvenuta solo qualora la formula di incostituzionalità, contenuta nel dispositivo della sentenza, avesse recato una pronuncia riferita a tutti gli Enti previdenziali privatizzati»; la sentenza di quattro anni or sono in favore della Cdc, quindi, può essere annoverata, viene evidenziato, nell’ambito di quelle «di illegittimità parziale interpretativa». Ricondotto, dunque, recita il testo, nel solo alveo d’applicazione dell’Istituto dei dottori commercialisti, il verdetto, secondo il ministero dell’Economia, non può aprire la strada al rimborso di quella cifra, 12,5 milioni, stimata dal Centro studi dell’Adepp (l’Associazione dei 20 Enti pensionistici ed assistenziali) su dati forniti dalle stesse Casse, che ingloba le uscite per ottemperare al vincolo della «spending review» degli anni 2012-2013. Un «muro», quello eretto da via XX settembre, che per de Bertoldi è «inaccettabile»: il suo partito, ha annunciato, «si impegnerà per far ristabilire un criterio di equità», poiché quella del ministero « è , infatti, un’interpretazione discriminante nei confronti delle altre Casse dei professionisti coinvolte, per le quali chiediamo analogamente la restituzione delle somme già versate» allo Stato, ha concluso.

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