Troupe tv austriaca fermata in Bielorussia, la reazione di Vienna: “Atto inaccettabile”

ROMA – È stata rilasciata Carol Schneider, la corrispondente di Orf, l’emittente pubblica austriaca, arrestata lunedì pomeriggio a Minsk, in Bielorussia, assieme al suo cameraman. Come confermano sia Orf che altre fonti di stampa austriache e bielorusse, la troupe è stata fermata dalla polizia e poi portata via, al termine di una conferenza stampa del presidente Aleksandr Lukashenko. Orf ha confermato che una volta in commissariato, ai giornalisti sono stati chiesti i documenti e, “una volta confermato che erano in possesso del regolare accredito, sono stati prontamente rilasciati”.

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Kurier.at riferisce che sia l’ambasciata austriaca che il ministero degli Esteri sono stati immediatamente informati dell’incidente e che quest’ultimo ha prontamente reagito “protestando” contro il comportamento delle autorità bielorusse, definendolo “totalmente inaccettabile”. Il ministero austriaco ha quindi difeso il lavoro dei media, sostenendo che “ci si aspetta che i giornalisti possano svolgere il loro lavoro senza ostacoli e che la libertà di stampa sia pienamente rispettata”.

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A dare per prima la notizia dell’arresto dei due giornalisti è stata l’organizzazione per i diritti umani bielorussa Viasna, secondo cui i due erano stati portati “da agenti in borghese” verso “una località sconosciuta”, non essendo al corrente della questura esatta in cui la troupe era stata accompagnata. L’incidente è stato denunciato anche dalle organizzazioni European federation of journalists (Efj) e Reporters without borders, secondo cui “questo incidente è un’ulteriore prova del disprezzo per la libertà di stampa in Bielorussia”. Secondo l’organizzazione della stampa bielorussa ‘Baj’, oltre 500 operatori dei media sono stati arrestati nel Paese da quando sono iniziate le proteste anti-governative nell’agosto 2020.

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L’European Federation of Journalists è stato inoltre tra i primi a fine luglio a contestare la decisione del ministero della Giustizia bielorusso di revocare la licenza all’Organizzazione dei giornalisti bielorussi (Baj), che è stata definita dal suo vice-presidente Barys Haretski, il tentativo di “distruggere il lavoro” dei media indipendenti nel Paese. Lunedì 9 agosto, il Paese ha celebrato il primo anno dalla contestata riconferma del presidente Aleksandr Lukashenko alla presidenza. Quel giorno migliaia di cittadini sono scesi in strada per protestare, e le iniziative di dissenso contro il governo Lukashenko sono proseguite per mesi.

Il governo di Minsk ha denunciato queste iniziative, definendole un “tentativo pilotato da forze esterne” di destabilizzare il Paese, e ha parlato anche di “cellule di estremisti” nel Paese. Secondo i difensori dei diritti umani però, le autorità hanno reagito colpendo i cittadini pacifici con arresti arbitrari, incarcerazioni e torture attraverso i propri apparati di sicurezza. Da luglio poi, oltre ai media, oltre cinquanta ong e associazioni sono state colpite da sequestri e perquisizioni, chiusure e interdizione al lavoro.

Ieri, all’indomani del primo anniversario dallo scoppio delle proteste, gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada hanno annunciato sanzioni economiche individuali o mirate ad aziende o organizzazioni, poiché ritenute responsabili di sostenere e/o finanziare il governo di Lukashenko. Tra le aziende colpite figura quella produttrice di potassio Belaruskali, mentre tra le organizzazioni istituzionali c’è il Comitato olimpico bielorusso, accusato dalla Casa Bianca di riciclaggio di denaro. Quest’ultimo è stato anche messo sotto inchiesta dal Comitato internazionale olimpico (Cio), che prima della fine dei Giochi di Tokyo 2020 ha revocato l’accredito a due tecnici della Bielorussia poiché sospettati di essere coinvolti nel tentativo di rimpatriare forzatamente l’atleta Krystina Tsimanouskaya. La velocista ha denunciato di essere stata ritirata a sua insaputa dalle gare e di essere stata accompagnata in aeroporto per tornare a Minsk, dopo aver pubblicato sui social media un video in cui criticava il comportamento dei suoi allenatori.
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