ROMA – “Trasparenza dei dati sulle obiezioni di coscienza e sulle interruzioni volontarie di gravidanza”. La chiedono le organizzazioni promotrici della campagna #DatiBeneComune, insieme a 30 associazioni e attiviste che si occupano di parità di genere e diritti delle donne, con una lettera inviata al sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri nella quale sollecitano anche informazioni più dettagliate e aggiornate su questi temi al fine di garantire l’esercizio del diritto tutelato dalla legge 194/1978, per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza, e di rispettare la libertà di scelta delle donne.
L’Italia, si legge in una nota, è fanalino di coda tra i Paesi europei per numero di interruzioni volontarie di gravidanza, sintomo della difficoltà di colmare un gap sociale e culturale rispetto all’esercizio di un diritto che dovrebbe invece essere tutelato e garantito dalle istituzioni. “Informazioni precise e aggiornate sulle strutture e sui medici che praticano IVG sono fondamentali per garantire l’accesso delle donne a questo servizio”, segnalano le associazioni, “ma purtroppo i dati rilasciati dal ministero della Salute sono molto carenti da questo punto di vista”. Il ministero, ricordano le associazioni, produce annualmente una relazione sull’attuazione della legge 194/1978. L’ultima disponibile risale a settembre 2021 e contiene dati consolidati per il 2019 e dati preliminari per il 2020. “Un ritardo di due anni nelle informazioni che determina una loro sostanziale inutilità pratica per coloro che hanno necessità di esercitare il diritto che la legge riconosce”, sostengono le attiviste.
“La relazione, inoltre, è disponibile solo in formato Pdf ed è strutturata su circa 100 pagine con grafici, tabelle e dati numerici inframezzati al testo, e con una sezione dedicata ai soli dati, che da sola occupa il 30% delle pagine. Una modalità di pubblicazione non adeguata per una Pubblica Amministrazione”, continua la nota.
Per questi motivi, le organizzazioni e attiviste che hanno dato il via all’iniziativa chiedono che: “Tutti i dati presenti nelle tabelle della relazione siano pubblicati anche come dati aperti, machine readable, riusabili e basati su standard di classificazione; la relazione possa descrivere lo stato dell’arte al massimo dell’anno precedente, includendo maggiori informazioni sui Consultori familiari; sul sito del ministero della Salute sia creata una sezione dedicata alla relazione annuale, con l’archivio di tutte le relazioni pubblicate, in modo da poter analizzare il fenomeno nel tempo; siano pubblicati come dati aperti anche i dataset che fanno da fonte alle tabelle di sintesi della relazione, disaggregati per struttura sanitaria e nel rispetto delle norme sulla privacy; venga predisposta una modalità di pubblicazione continua e più di dettaglio per tutti i dati in archivio nel rispetto della privacy”.I promotori e le promotrici dell’iniziativa ritengono inoltre che “il monitoraggio dell’obiezione di coscienza dovrebbe essere condotto attraverso la compilazione di un modello unico e standardizzato da parte di ciascuna struttura/servizio pubblico o convenzionato autorizzato, da compilare con cadenza regolare annuale”.
Hanno aderito all’iniziativa: Think Tank Period, Amnesty International Italia, Coordinamento Consultori del Lazio, Non è un veleno, Maghweb, Pro-choice Rete italiana contraccezione aborto, IVG, ho abortito e sto benissimo!, Libera di abortire, UAAR, Governo di Lei, La Casa delle Donne di Ravenna, SEX & THE CITY, D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, Casa delle donne per non subire violenza Onlus, Donne in quota, Forum – Associazione Donne Giuriste, Sonia Montegiove, Elisa Rosso, Barbara Leda Kenny, Giulia Nanni, Marina Della Rocca, Rossella Ghigi, Annette Ventroni, Daniela Valdiserra, Marzia Ragusa, Martina Lombardi.
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