Omicron e il giorno della marmotta: nuova variante, ritorno al passato

ROMA – “L’Omicron ci preoccupa e dobbiamo prepararci a scenari diversi in considerazione di quello che si verificherà durante le feste, tra baci e abbracci, comportamenti più rilassati e disattenzioni, ci aspettiamo un’ondata significativa”. Era la previsione al 20 dicembre di Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario Irccs Galeazzi di Milano, ma sembra trascorso più tempo perché la nuova variante corre, oggi quasi 127mila nuovi casi e una stima di prevalenza dell’Istituto superiore di sanità che indica Omicron come cinque volte più contagiosa della variante Delta, un dato che pone la nuova mutazione al 28%.

L’IMPATTO DI OMICRON

Questa percentuale, però, sembrerebbe già superata, vista la crescita dei casi, tanto che dal ministero della Salute si paventa che si sia arrivati a un 50-60% di prevalenza di Omicron su tutte le altre varianti. Per questa ragione sembra di essere tornati al 2020, quando il nuovo coroavirus divenne epidemico. A fine 2021 facciamo un ricorso forsennato ai tamponi, che ad inizio 2020 non erano mai abbastanza ma che invece oggi oscillano giornalmente tra 900mila e oltre un milione di test effettuati. Oggi abbiamo un virus che con la nuova variante ha cambiato le sue caratteristiche, per i tempi del contagio e della malattia, per l’incubazione e anche per la quarantena. Una sorta di giorno della marmotta che ci farà entrare nel nuovo anno, il 2022, come se fossimo ancora a due anni fa, una sorta di coazione a ripetere.

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Ma vediamo nel dettaglio com’è cambiata l’epidemia, il virus e cosa invece ci fa tornare indietro. Contagi più veloci ma infezioni che durano meno tempo e soprattutto meno decessi. Omicron, la nuova variante, più trasmissibile di almeno cinque volte rispetto alla Delta, dalla scorsa estate predominante in Italia, ha tempi di incubazione di due-tre giorni; questo vuol dire che una persona che ha contratto il virus, può iniziare a manifestare i sintomi dopo solo 48 ore o restare asintomatica ma diventare contagiosa nello stesso breve lasso di tempo.

LE NUOVE MISURE DEL GOVERNO

E come ritorni dal passato ci sono sempre nuovi decreti e quindi nuove misure per il contenimento dei contagi. Il decreto approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri ha eliminato la quarantena preventiva per chi è vaccinato e ha avuto un contatto stretto con un positivo ed esteso il green pass rafforzato necessario in un sempre maggior numero di attività e situazioni, oltre a capienze ridotte per stadi, palazzetti, cinema e teatri.

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GUIDA AL TAMPONE GIUSTO

Per capire quindi se si è stati contagiati, e in assenza di sintomi, si ricorre ancora una volta al tampone, ma quale scegliere? Il test, come abbiamo imparato nell’ultimo anno e mezzo, può essere anche un antigenico rapido oltre al classico molecolare, o anche un antigenico rapido fai-da-te, l’ultimo arrivato; ci sono però delle differenze. Il molecolare è quello che i virologi chiamano ‘gold standard’: ha un’elevata sensibilità e affidabilità, è valido al 99%, protegge dai falsi negativi e viene effettuato e processato da esperti e in laboratori attrezzati.

L’antigenico è effettuato nelle farmacie e da personale esperto, ha un’affidabilità e sensibilità di almeno 9 punti percentuali in meno rispetto al molecolare. Il tampone rapido fai-da-te, anche questo antigenico, può essere acquistato on line o in farmacia e possiamo farlo a casa, sempre con un prelievo oro-nasofaringeo, ma uno su quattro è un falso negativo, questo vuol dire che almeno un 25% dei positivi non viene scovato. Non solo: sia l’antigenico di farmacia che l’antigenico fai-da-te, non sono in grado di rilevare la presenza del virus nelle prime 72 ore. Mentre il molecolare è in grado di rilevarlo dopo le prime 48 ore.

Il virus però è altamente trasmissibile già due giorni prima della comparsa dei sintomi, al di là del tipo di variante. Questa elevata contagiosità è aggravata dalla capacità della nuova mutazione di trasmettersi con maggiore facilità: non solo i droplet che abbiamo imparato durante questi due anni di pandemia, ma anche l’aerosol, che resta nell’aria per più tempo e soprattutto negli ambienti chiusi.

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