Burkina Faso, l’ex presidente Compaorè condannato all’ergastolo per l’omicidio di Thomas Sankara

ROMA – L’ex presidente del Burkina Faso Blaise Compaorè è stato condannato in contumacia all’ergastolo per il suo ruolo nell’omicidio del suo predecessore Thomas Sankara, icona del panafricanismo e dei movimenti per la decolonizzazione ucciso il 15 ottobre 1987 durante il colpo di Stato che portò al potere lo stesso Compaorè.

La sentenza, molto attesa nel Paese africano, è stata pronunciata oggi a sei mesi dall’inizio del processo contro l’ex capo dello Stato e altre 13 persone. Gli imputati erano accusati in forme diverse di aver contribuito all’assassino di SankarĂ  e di 12 suoi collaboratori. Oltre a Compaorè, al potere per 27 anni fra il 1987 e il 2014, sono stati condannati all’ergastolo anche il responsabile della sicurezza dell’ex presidente Hyacinthe Kafando, pure giudicato in absentia, e il generale Gilbert DiendĂ©rĂ©. Per altri otto imputati sono state emesse pene comprese fra i tre e i 20 anni di reclusione mentre tre sono stati assolti.

Il verdetto dei giudici è andato oltre la richiesta dell’accusa militare, che per l’ex capo dello Stato aveva chiesto 30 anni di reclusione. Compaorè, a cui non sono state riconosciute attenuanti di sorta, è stato ritenuto colpevole di “minaccia alla sicurezza dello Stato” e “complicitĂ  in omicidio”.

Nel corso del processo sono state ascoltati 110 testimoni. Il procedimento è stato anche interrotto per alcuni giorni lo scorso gennaio dopo che la giunta militare che ha preso il potere con un colpo di Stato e che è tuttora al potere nel Paese aveva sospeso la validitĂ  della Costituzione. Uno dei legali della parte civile, Prosper Farama, citato dal quotidiano locale Le Faso, ha affermato che la sentenza segna “una giornata di giustizia non solo per Thomas Sankara e i suoi compagni, ma per tutto il popolo burkinabè”.

IL CRONISTA: FATTA LA GIUSTIZIA DEL POPOLO

“La condanna all’ergastolo per l’ex presidente Blaise Compaorè in relazione all’omicidio del suo predecessore, Thomas Sankara, soprende” ma è pur vero che “in tutti questi anni a condannarlo era giĂ  stata l’opinione pubblica nazionale”. Djakaridia Siribie, cronista burkinabè del quotidiano Sidwaya, il secondo piĂą letto del Paese africano, commenta così all’agenzia Dire la sentenza emessa oggi da una corte di Ouagadougou nel processo per l’assassinio di Sankara, icona del panafricanismo e della decolonizzazione ucciso il 15 ottobre 1987 durante il colpo di Stato che portò al potere proprio Campaorè, capo dello Stato per i successivi 27 anni.

“E’ interessante osservare che la procura militare aveva chiesto pene piĂą brevi, al massimo di 30 anni di reclusione, sia per l’ex presidente che per il generale Gilbert DiendĂ©rĂ© che per Hyacinthe Kafando”, afferma il cronista in riferimento agli altri due imputati condannati al carcere a vita per la morte dell’ex presidente e di altri 12 suoi collaboratori.

“Possiamo dire che per i parenti delle vittime è stata fatta sicuramente giustizia – continua il giornalista – ma bisogna riconoscere che sono pene abbastanza pesanti”. Del resto però, prosegue il giornalista, 30 anni, di base nella capitale, “è a questi uomini che ha giovato la morte di Sankara”.

Un verdetto fermo, per certi versi inaspettato quindi, a cui ha anche contribuito il clima nel Paese. “In questi 35 anni l’opinione pubblica aveva giĂ  condannato gli imputati, ritenendoli sicuramente colpevoli della morte di Sankara. E questo discorso vale anche per il lungo periodo in cui Compaorè è stato presidente”, la tesi del giornalista, che aggiunge: “Sarebbe stato veramente difficile assolvere l’ex capo dello Stato dopo tutto quello che si era detto nel Paese”.

Una decisione, quella presa oggi dai giudici di Ouagadougou, che giunge al termine di un processo durato sei mesi e nel corso del quale hanno testimoniato 110 persone. Potrebbe non essere però un punto di arrivo definitivo, secondo Siribie. “E’ solo l’inizo di un percorso lungo”, dice il cronista. “I legali degli imputati faranno appello, e probabilmente porteranno il caso davanti alle corti di organismi regionali e internazionali”. Al momento inoltre Compaorè e Kafando non vivono in Burkina Faso e sono stati pertanto condannati in contumacia.
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