Il Pnrr sdoppia la previdenza

Doppio binario (previdenziale) per i professionisti che svolgeranno mansioni «prò tempore» nella Pubblica amministrazione, per favorire l’attuazione delle sei missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): l’opzione concessa sarà mantenere, o meno, durante la fase di lavoro in regime di subordinazione, l’iscrizione al proprio Ente pensionistico. E, nel caso gli autonomi decidano di «congelare» la propria posizione nella Cassa privata, al termine dell’incarico nel comparto pubblico potranno «effettuare il ricongiungimento» presso il proprio Istituto del «periodo assicurativo maturato all’Inps — Gestione ex Inpdap», col montante che, una volta trasferito, servirà per «alimentare la posizione previdenziale». E quanto si legge nella bozza di decreto del ministero del Lavoro, stilata di concerto con i dicasteri dell’Economia e della Pubblica amministrazione, in applicazione dell’articolo 1, comma 7-quater, del decreto legge 80 del 9 giugno 2021, e che riguarderà esponenti di diverse categorie (economico-giuridiche, sanitarie e tecniche) associati agli Enti disciplinati dai decreti legislativi 509 del 30 giugno 1994 e 103 del 10 febbraio 1996; lo schema del testo, che ItaIiaOggi ha po tuto visionare, è all’attenzione delle Casse aderenti all’Adepp (l’Associazione che riunisce 20 Istituti pensionistici e assistenziali privati) che, a quanto si apprende, hanno avviato un’interlocuzione con il ministero di via Veneto per sottoporre alcune osservazioni. I professionisti che entreranno nell’«alveo» della Pa, si precisa nel primo articolo, «sono inquadrati a tutti gli effetti come lavoratori dipendenti e assoggettati alle medesime disposizioni contrattuali applicate» a chi opera nella Pubblica amministrazione e «iscritti alla gestione previdenziale dell’Inps – Gestione ex Inpdap, a cui fanno capo tutti gli oneri relativi al rapporto di lavoro instaurato», dunque, al momento dell’assunzione devono darne comunicazione all’Ente di previdenza di appartenenza, «entro i successivi 30 giorni», tramite Posta elettronica certificata (Pec), informando sia di aver accettato l’incarico, sia della volontà di restare tra gli associati della Cassa privata. Qualora il professionista reclutato per l’implementazione delle iniziative del Pnrr scegliesse di non rimanere iscritto, la sua posizione assicurativa «non sarà ulteriormente alimentata fino alla conclusione» dell’impiego da dipendente, periodo nel quale non è dovuto all’Ente alcun contributo soggettivo, o integrativo, ne si può fruire di alcuna prestazione, eccezion fatta per i contributi obbligatori eventualmente dovuti per «il mero mantenimento dell’iscrizione all’Albo, Collegio o Ordine professionale di appartenenza». Al contrario, restando nella fila della propria Cassa, il professionista terrà «viva» la posizione previdenziale, potendo accrescerla durante la fase in cui sarà un dipendente della Pa, dovendo versare i contributi soggettivi ed integrativi minimi, se previsto dal regolamento dell’Ente, «anche in assenza di reddito professionale», nonché (sempre se contemplato dall’ordinamento della singola Cassa) la copertura per prestazioni assistenziali, ma non l’indennità di maternità, a carico dell’Inps. Perplesso il presidente della Cassa forense Valter Militi: perché, si domanda commentando la bozza, «un avvocato dovrebbe scegliere di essere iscritto a due diverse Gestioni previdenziali e versare doppia contribuzione? Avrebbe molto più senso, in caso di opzione per l’Ente privato, consentire che il reddito di lavoro dipendente venga qualificato come reddito professionale, anche se solo ai fini previdenziali. E pagare i contributi direttamente alla Cassa».