L’Italia non è un Paese per giovani: per quattro su cinque, si vive peggio che nel resto dell’Ue

ROMA – Per due giovani su tre (66%) si viveva meglio vent’anni fa e per la stragrande maggioranza (79%) in Italia si vive peggio rispetto al resto dell’Unione europea. La pandemia, poi, ha accentuato ancora di più il divario socio-economico tra le varie fasce d’età, incidendo negativamente sul 61% degli under 35. È quanto emerge dal Rapporto ‘Disuguaglianza intergenerazionale e accesso alle opportunità’, realizzato dal Consiglio Nazionale dei giovani (CNG). L’indagine ha analizzato le condizioni di vita delle nuove generazioni e la loro capacità di accedere all’istruzione, al mondo del lavoro e alla politica attraverso la partecipazione ai processi decisionali. Per dare seguito ai risultati del questionario, il CNG ha anche organizzato dei workshop con i giovani in cui sono emerse delle proposte di policy sulle macroaree trattate: istruzione e formazione; lavoro e imprenditorialità; politiche familiari e sociali, partecipazione democratica; cultura e integrazione.

Per quanto riguarda l’istruzione, e in particolare il giudizio sull’orientamento scolastico da cui dipende il percorso formativo e lavorativo dello studente, dall’analisi si rilevano diverse criticità: il 75% degli intervistati, infatti, si dichiara insoddisfatto dell’orientamento in uscita dalle scuole superiori; negativa è anche l’opinione dei giovani sull’efficacia dei PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, ex alternanza scuola lavoro) nei confronti dei quali solo due su dieci (20%) affermano di aver avuto un’esperienza adeguata o addirittura ottima. Nel caso specifico, le proposte di policy emerse dai workshop sono un maggiore coordinamento a livello nazionale degli strumenti riguardanti il diritto allo studio, attraverso un aumento delle risorse a disposizione, la necessità di avere dati più precisi da singoli istituti scolastici sulle attività di PCTO effettivamente svolte e l’esigenza di adeguare l’offerta scolastica locale in base all’effettiva domanda degli studenti per una migliore ripartizione delle scuole su base regionale.

Una forte insofferenza emerge anche nei confronti delle condizioni del mercato del lavoro. Poco più della metà degli under 35 (51%) ritiene che gli stipendi non siano affatto soddisfacenti e il 75% degli intervistati si dichiara poco o per niente soddisfatto riguardo all’allineamento del lavoro rispetto alle proprie competenze. La quasi totalità dei giovani (89%) definisce poi problematica, o comunque non adeguatamente soddisfacente, la situazione relativa alle opportunità di lavoro in Italia rispetto all’estero. Da questo punto di vista, dai tavoli tematici viene fuori la richiesta di migliorare la cultura del lavoro tra i più giovani, attraverso una più ampia divulgazione di diritti e doveri, e di riconoscere le nuove professioni digitali e le tutele dei lavoratori della digital economy.

Secondo l’indagine, poi, la quasi totalità dei giovani (89%) definisce inadeguata l’offerta politica rivolta dai partiti alle nuove generazioni e l’86% sostiene di non essere soddisfatto delle opportunità di crescita all’interno dei partiti. Per questo, andrebbe rafforzato il confronto con i propri rappresentanti politici a partire dai territori. Un’altra proposta di policy in merito è stata quella di migliorare il flusso informativo attraverso il Sistema Nazionale di Valutazione del Ministero dell’Istruzione, in particolare introducendo nei RAV (Rapporti di Auto Valutazione) degli indicatori oggettivi relativi alle attività di educazione civica.

“Il sondaggio rileva che il ripensamento strutturale delle politiche pubbliche generazionali richiede un impegno duraturo nel tempo. Gli interventi introdotti, in primis il Next Generation Eu, devono innescare un cambiamento; limitarsi al contenimento della crisi pandemica, con la speranza di superarla per tornare alle formule precedenti, rischia di rimandare soltanto di qualche anno gli effetti più drammatici dell’attuale congiuntura temporale – ha commentato Maria Cristina Pisani, presidente del CNG – È fondamentale, dunque, progettare strumenti che prevedano meccanismi di controllo e monitoraggio; per questo il CNG è entrato nel Covige, il Comitato per la valutazione dell’impatto generazionale delle politiche pubbliche, per costruire, insieme al Dipartimento per le Politiche Giovanili, le basi per un concreto approccio all’equità intergenerazionale, mettendo l’Italia al passo degli altri partner europei”.

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