Anche Letta al capolinea? Pronto Stefano Bonaccini: ma se il problema fosse il Pd?

ROMA – Una storia purtroppo già vista e rivista dentro il Pd. Un segretario che viene chiamato per rimettere a posto i cocci del precedente leader e dopo poco si ritrova, anche lui, in mezzo ai vecchi e nuovi cocci. Naturalmente siamo nel pieno della campagna elettorale, con la destra di Giorgia Meloni pronta al ‘cappotto’. Per questo si aspetta di vedere come finirà, si cerca di mettere una pezza ai tanti errori del gruppo di comando, come vengono giudicati da esponenti Dem che seguono la partita elettorale dietro le quinte. Quando sono circolati sondaggi con un Pd sprofondato sotto quota 20%, è scattato l’allarme rosso. Perché, spiega chi da sempre segue i trend e le dinamiche elettorali Dem, prima de voto il partito viene sempre sovrarappresentato, mentre quando si contano i voti reali sono sempre il 2-3% in meno.

Mentre dietro le quinte dei Fratelli d’Italia già preparano le bottiglie da stappare perché, al contrario, il 24% certificato dai sondaggi è sottostimato: “Al momento siamo tra il 27-28% -dicono fonti interne- e questo senza contare i tanti voti che arrivano sempre all’ultimo tra i tanti indecisi, quelli che scelgono di stare con il vincente oppure di chi magari non vuol dire che voterà la destra di Meloni”. Si capisce bene che con uno scenario del genere, con FdI al 30% e il Pd al 20%, per il segretario Letta non ci sarà altro da fare che passare lui il testimone a qualcun altro. Chi? “Vabbè – spiega qualche ben informato- si farà come in passato, un ‘reggente’ che porta al congresso e poi si arriverà a Stefano Bonaccini, abbiamo solo lui come possibilità di riscatto e rilancio”. Non sarà facile perché, nei salotti Dem romani Bonaccini, non è ben visto e in molti son pronti a fargli la guerra. ” Ma alla fine anche questi- osserva la fonte Dem- diventeranno tutti ‘bonacciniani’ in un solo istante, perché soltanto lui può tentare un rilancio credibile. Senza contare che con un risultato del 20% o peggio sarebbe immediatamente evidente che tutte le attuali correnti già adesso non rappresentano altro che i singoli capi e loro sodali che si sono accaparrati i posti in Parlamento. Abbiamo visto cose dell’altro mondo, una sorta di corsa al posto che resta in vista della caduta dell’impero”.

A questo punto ritorna in mente, a proposito del Pd, il discorso dell’almalgama non riuscita, se cioè non sia proprio il contenitore Pd a non funzionare più, a non rappresentare la parte centrista moderata e quella di sinistra che, come si è visto, oggi fuggono altrove: da una parte con Calenda e Renzi, dall’altra col rinato M5S formato sinistra. A quel punto, forse, la forza dei numeri elettorali costringerà tutti a fare i conti con la realtà, e forse bisognerà attrezzarsi perché alle successive elezioni politiche si possa arrivare ad offrire agli elettori un’alleanza costruita da un partito riformista liberale con il cuore a sinistra, e un Movimento di Sinistra con nuovi leader collegati al mondo del lavoro come Maurizio Landini, e al mondo sociale e giovanile come Elly Schlein, vice di Bonaccini in Emilia-Romagna. Alla fine si potrebbe salvaguardare una logica maggioritaria, con a destra FdI e Lega che se la vedranno col partito Democratico Riformista e Movimento di Sinistra. Chissà.

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