La ‘ndrangheta sostenne politici valdostani alle Regionali 2018, ma la Dda non può provare il voto di scambio

“Che sostegno elettorale, promesso, accettato ed effettivamente assicurato dai componenti” della “locale” di Aosta “vi sia stato anche in occasione delle elezioni del 2018 in Valle d’Aosta, appare obiettivamente riscontrato dall’esito delle indagini”. Lo scrive la Direzione distrettuale antimafia del tribunale di Torino nella richiesta di archiviazione dell’inchiesta Egomnia, per il presunto voto di scambio con la “locale” di Aosta della ‘ndrangheta, che il giudice per le indagini preliminari ha accolto. La procura antimafia aggiunge: i politici coinvolti erano “a conoscenza del ruolo e della veste” degli esponenti della ‘ndrangheta e “vi è una considerevole prova logica, rappresentata dall’assoluta sproporzione tra il ‘peso’ elettorale riconosciuto dai candidati a soggetti non qualificati né politicamente, né professionalmente, né socialmente”, ma a cui “il candidato di turno dimostra una capacità di riconoscere una capacità di convogliare voti”.

LA DDA: “MA NON C’È PROVA DEL VOTO DI SCAMBIO”

La richiesta di archiviazione arriva perché non c’è prova dello scambio politico-mafioso: “Difetta la prova logica dell’esistenza di tale accordo- aggiunge la Dda- non essendo evidentemente sufficiente la prova del sostegno elettorale da parte di persone appartenenti alla ‘ndrangheta decise ad orientare il consenso elettorale, forti della propria riconosciuta appartenenza”.

Tra gli indagati per cui è stata richiesta l’archiviazione figurano tre ex presidenti della Regione Antonio Fosson, Renzo Testolin e Laurent Viérin (in carica durante l’indagine, nel periodo delle Regionali 2018), l’ex assessore Stefano Borrello e l’ex consigliere regionale Luca Bianchi. In particolare, la Dda scrive che la capacità di convogliare voti degli esponenti della “locale” di Aosta ha portato “il presidente della Regione in carica” Viérin a recarsi “in un’abitazione provata per incontrare un pregiudicato” o che “un ex parlamentare (Fosson, ndr) si rechi prontamente e ripetutamente da un ristoratore perché consigliato dal proprio mentore (Giuseppe Petullà, altro indagato per cui il gip ha disposto l’archiviazione, ndr) pensionato calabrese ultrasettantenne”.

SEI DEGLI INDAGATI GIÀ CONDANNATI PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA

In tutto erano indagate 23 persone; per sei degli altri indagati -i fratelli Roberto e Marco Di Donato, Alessandro Giachino, Antonio Raso, Nicola Prettico e Francesco Mammoliti- è già arrivata la condanna per associazione di tipo mafioso nei processi legati all’inchiesta Geenna e per questo “nei confronti dei predetti” non “può essere ulteriormente esercitata l’azione penale per la stessa ipotesi di reato”.

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