Pensioni di lunga vita

L’evoluzione della piramide demografica italiana con un accentuato processo di invecchiamento rappresenta uno dei temi dominanti nel dibattito pubblico. Secondo i dati contenuti nel Rapporto annuale dell’Istat nel 2022 la stima della speranza di vita alla nascita è di 80,5 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne con una età media di 46,4 anni. La popolazione ultrasessantacinquenne ammonta a 14 milioni 177mila individui al 1° gennaio 2023, e costituisce il 24,1% della popolazione totale. Si evidenzia poi un consistente calo delle nascite registrato nel 2022 rispetto al 2019, circa 27 mila in meno. Risultano ancora in diminuzione tanto gli individui in età attiva, quanto i più giovani: i 15-64enni scendono a 37,33 milioni (sono il 63,4% della popolazione totale), mentre i ragazzi fino a 14 anni sono 7,33 milioni (12,5%). Come viene sottolineato l’invecchiamento è destinato ad accentuarsi nei prossimi anni, con effetti negativi, in primo luogo sul tasso di crescita del Pii pro capite e con rilevanti impatti sul sistema di welfare sia per quel che riguarda i profili sanitari con particolare riferimento alla non autosufficienza degli anziani che per quel che riguarda il sistema previdenziale. Va evidenziato in primo luogo il legame tra senilizzazione della popolazione e sostenibilità finanziaria della architettura previdenziale considerando come il sistema pensionistico italiano è strutturato sulla ripartizione dei contributi (pay as you go system) con i contributi versati dai lavoratori in attività che pagano i trattamenti pensionistici. In questa prospettiva il metodo contributivo, che somma virtualmente i contributi versati lungo l’arco della intera vita lavorativa con vertendo al pensionamento il montante in rendita utilizzando i coefficienti di trasformazione parametrati alla speranza di vita, tende a equilibrare gli effetti demografici sul rapporto tra spesa per le pensioni d’andamento del pil. Si ricordi poi che l’impianto normativo italiano ha introdotto a tal proposito due automatismi intrinseci per calmierare gli effetti dellalongevità. La revisione biennale dei coefficienti di trasformazione, in funzione delle probabilità di sopravvivenza e l’adeguamento dei requisiti minimi per l’accesso al pensionamento in funzione delle variazioni della speranza di vita rappresentano gli automatismi intrinseci del sistema i quali operano in modo coordinato al fine di preservare le condizioni di equilibrio finanziario e sostenere il livello delle prestazioni, in un contesto di invecchiamento della popolazione. Di fondamentale importanza è poi il ruolo dei fondi pensione e dei pip (polizze individuali pensionistiche) che contribuiscono a mitigare il rischio longevità consentendo all’aderente di potere integrare il proprio tenore di vita costruendo nel corso della propria vita attiva un risparmio previdenziale, fortemente agevolato dal punto di vista fiscale, che potrà essere convertito in rendita vitalizia al momento del pensionamento, affiancandosi al trattamento pensionistico erogato da Inps/Casse di previdenza. La rendita, essendo erogata vita naturai durante, consente al percettore di coprirsi dal rischio longevità lungo nella prospettiva di un aumento tendenziale futuro della vita media. Occorre però stimolare una maggiore conoscenza e padronanza del tema rendite considerando come la.propensione alla rendita assicurativa, cioè il rapporto tra le rendite attivate (sia come numero sia come importo) e i contratti in scadenza, secondo le recenti statistiche dell’Ania, nel triennio 2019-2021 è stata pari allo 0,407%. E’ utile poi ricordare come nella delega fiscale approvata, nel perseguire la revisione e la graduale riduzione dell’Irpef, nel rispetto del principio di progressività e nella prospettiva di transizione del sistema verso l’aliquota impositiva unica, si guarda alla prospettiva di rivedere in senso migliorativo la deducibilità della previdenza complementare (oggi il limite di deducibilità fiscale ammonta a 5.164,57 euro annui). Si prevede poi la revisione del sistema di tassazione dei rendimenti delle forme pensionistiche complementari secondo il principio di cassa. Attualmente nella fase di accumulo, al risultato di gestione viene applicata un’imposta sostitutiva pari al 20% (ovvero al 12,50% per la parte del risultato derivante dalla detenzione di titoli di Stato e obbligazioni assimilate) a fronte dell’aliquota del 26% degli altri strumenti di risparmio. Ma in passato tale aliquota dei rendimenti dei fondi pensione era dell’Hoc (è stata alzata dalla legge di Stabilità del 23 dicembre 2014). La rivalutazione del Tfr in azienda è tassata nella misura del 17%.

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