Quota 103 e giovani, il pacchetto pensioni sale fino a 2 miliardi

Più soldi sulle pensioni. Governo pronto ad irrobustire le risorse dedicate al capitolo previdenziale. La posta, attualmente fissata a quota 1,5 miliardi, dovrebbe infatti salire fino a 2 per riuscire ad avviare alcune delle riforme alle quali pensa la maggioranza. A cominciare dalla staffetta generazionale che, secondo fonti sondate in queste ore, piace, oltre che agli industriali, anche ai sindacati. A patto però che l’esecutivo non dimentichi altri nodi cruciali, come Opzione donna. La strategia di fondo è già stata delineata: congelata al momento quota 41 (costa troppo: 4 miliardi solo nel 2024), si marcia spediti verso una proroga di Quota 103 e l’estensione di Opzione Donna a 58 anni per le tre categorie di lavoratrici interessate all’agevolazione anche nel caso in cui non abbiano figli. Una delle ipotesi in campo per potenziare lo strumento potrebbe essere quella di modificare l’età (adesso fissata a 60 anni, con una riduzione prevista per i figli) per riallargare le maglie per l’accesso (adesso li mitato alle donne licenziate, con invalidità o con carichi di cura). Nel corposo dossier pensioni in vista della manovra troverà posto anche un capitolo dedicato ai giovani visto che, osservano fonti impegnate sulla legge di Bilancio, qualche risorsa potrebbe essere messa sul riscatto della laurea agevolato. Un nodo complicato da sciogliere riguarda la rivalutazione degli assegni al caro vita. Con l’inflazione che resta alta (ad agosto quella acquisita per l’anno era al 5,7%) potrebbe nuovamente essere rivisto al ribasso lo scaglionamento definito dalla scorsa manovra di bilancio con fasce calanti dal 100% al 32%, Intanto, come ricordato, suscita molto interesse, in ambito sindacale, l’idea di introdurre forme di staffetta generazionale nelle aziende. Come indicato ad aprile dal ministro del Lavoro, Marina Calderone, alla Camera, saranno introdotti sistemi di prepensionamento e ricambio generazionale che consentano un ciclo virtuoso fra lo Stato, i datori di lavoro e i lavoratori prossimi alla pensione. Questi ultimi potrebbero trasformare (a parità di contributi versati) il tempo pieno in part time, a patto che il datore di lavoro assuma contestualmente un under35. L’idea (molto gradita alle parti sociali) sarebbe insomma quella di permettere di ridurre l’orario di lavoro, magari dimezzandolo (su base volontaria) a chi fino a tré anni dalla pensione. Il lavoratore rimarrebbe alle dipendenze dell’azienda ottenendo metà stipendio e metà pensione, ma i contributi continuerebbero ad essere versati. In questo modo a 67 anni si potrebbe cominciare ad incassare un assegno pieno senza le decurtazioni collegate a Quota 103 o del ricalcolo contributivo di Opzione Donna. Grazie a questo sistema i profili senior con elevate competenze potrebbero trasferire il loro know how ai giovani agevolando il ricambio generazionale.

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