Coltivare la cultura del rispetto contro i femminicidi

Martina Semenzato, presidente della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul Femminicidio, è il protagonista dell’intervista realizzata da Mario Chiappuella, coordinatore in Toscana della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili.

Presidente Semenzato, perché ci sono ancora tanti femminicidi in Italia?

Il femminicidio è diventato un fenomeno “strutturale”. Ci siamo talmente abituati alla violenza di genere che fa parte della nostra vita quotidiana. Dobbiamo riappropriarci della cultura di sensibilità di genere che abbiamo perso. Si combatte la violenza di genere intervenendo a livello di famiglia e di scuola. Occorre ridefinire il ruolo genitoriale e i sistemi educativi che partono fin dall’infanzia nell’indirizzare al rispetto di genere, della donna e della sua unicità. Ma questa formazione deve “scollinare” le aule scolastiche per arrivare a formare anche operatori sociosanitari e forze dell’ordine e dare loro strumenti per intervenire tempestivamente, fino ad arrivare a professionisti e magistrati. Il tema è dunque culturale. È imprescindibile consolidare il valore della “cultura del rispetto” all’interno di una società che sembra attraversare tensioni nei rapporti tra uomini e donne, spesso a causa di una persistente visione patriarcale radicata nella nostra comunità.

Quali potrebbero essere concretamente le azioni per evitare questa vera e propria strage di donne indifese?

Dobbiamo intervenire sicuramente sulla prevenzione, sugli aspetti formativi e sulla raccolta tempestiva delle denunce con interventi specializzati di chi prende in carico le segnalazioni. Le donne devono essere aiutate a uscire da situazioni difficili e bisogna farlo in tutta sicurezza per le vittime che hanno paura di perdere i propri figli e di non farcela dal punto di vista economico. Uno dei temi prioritari della Commissione che presiedo riguarda proprio la violenza economica, un fattore sul quale bisogna lavorare tantissimo e va di pari passo con la politica dell’occupazione femminile.

Sono morte anche professioniste nel pieno svolgimento del proprio lavoro…

La violenza di genere non ha distinzione di razza, ceto sociale e religione. Riguarda tutte le donne in modo trasversale. Non ha differenze neanche in famiglie economicamente agiate o culturalmente elevate rispetto ad altre condizioni economiche e sociali più difficili. La differenza di genere riguarda un rapporto intimo che, ripeto, va combattuta dal punto di vista culturale.

Il film di Paola Cortellesi ha rimesso il dito nella piaga?

Ho visto il film “C’è ancora domani” e mi è piaciuto moltissimo per la narrazione veramente diversa e fuori dal comune, con l’uso di nuovi linguaggi contro la violenza di genere. Un modo assolutamente efficace per arrivare alle nuove generazioni con una intelligenza sottile nel raccontare il ruolo delle donne che hanno fatto la storia d’Italia pur senza essere menzionate nei libri di storia.

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