Il sistema di finanziamento delle Casse di Previdenza e il funding ratio (3a parte)

Gli approfondimenti sulla previdenza di PAOLO LONGONI.

La combinazione tra rischi demografici e rischi finanziari ha determinato – anche in uno agli andamenti dell’economia in generale – la possibilità che le Casse potessero accumulare un deficit patrimoniale implicito, non immediatamente misurabile, consistente nello squilibrio fra gli impegni futuri (debito latente) e le entrate contributive future sommate al patrimonio.

Questa eventualità, del tutto sottovalutata negli anni precedenti al 2006 quando la normativa di vigilanza prevedeva analisi di bilancio tecnico limitate ad un orizzonte di soli quindici anni, sono venute alla luce con il modificarsi delle disposizioni legislative (la Legge 296/2006 ha previsto l’obbligo di bilanci tecnici con proiezioni a trenta anni; la Legge 214/2011 ha esteso l’orizzonte temporale di verifica a cinquanta anni).

La sostenibilità, dunque, viene proiettata nel lungo e lunghissimo periodo, e viene intesa come la capacità di far fronte nel tempo agli impegni previdenziali ed assistenziali già maturati ed a quelli che matureranno; ma come è facilmente intuibile le proiezioni attuariali di lungo periodo scontano spesso elementi di arbitrarietà, ad esempio sulle ipotesi demografiche, ovvero in materia di incremento dei redditi e dei volumi d’affari degli iscritti.

Ecco dunque che, per migliorare l’azione di monitoraggio dell’andamento futuro e per consentire l’adozione di opportune misure gestionali, si renderebbe necessario un adeguato sistema di indicatori finanziari; formulato a superamento del semplicistico indice di garanzia (il patrimonio deve essere almeno pari cinque annualità delle pensioni in essere), che non risulta certo sufficiente a valutare correttamente la sostenibilità finanziaria delle Casse nel tempo.

Le Casse, in realtà, hanno un sistema di distribuzione delle risorse che funziona con un ciclo invertito: le entrate (i contributi) precedono anche di molto tempo le uscite (pensioni); e vista la rilevanza della funzione svolta, tutelata anche in sede costituzionale, la struttura patrimoniale dell’ente deve essere tale da garantire agli iscritti di poter recuperare i contributi versati quando raggiungono l’età della pensione: il debito maturato durante la vita attiva dell’iscritto, misurato secondo le regole di calcolo della prestazione, diventa esigibile al momento del pensionamento.

Ciò consente di comprendere che il debito complessivo delle Casse non è (soltanto) quello che deriva dalle pensioni già maturate e liquidate, ma comprende anche i ratei di pensione futura relativi ai lavoratori attivi; il debito latente non è altro che la somma di questi due fattori.

Si tratta di un valore non reperibile nel bilancio di esercizio ed anche di difficile determinazione, perché basato anch’esso su una serie di previsioni (scelte di pensionamento dell’iscritto, sopravvivenza, redditi e volumi d’affari, altre variabili demografiche, finanziarie ed economiche) che devono necessariamente scontare un approccio di forte prudenza.

È per questo motivo che, al di là della vigilanza esercitata dalla Pubblica Amministrazione sulle Casse, queste devono dotarsi di strumenti di controllo interno della gestione, orientato al monitoraggio degli andamentali futuri con un sistema di indicatori che possano misurare in maniera attendibile lo stato di salute prospettica dell’ente.

(3 – segue)

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