Il vescovo della centrale nucleare di Zaporizhzhia: “Qualcuno sta giocando sull’umanità”

ROMA – Non sentire esplodere le bombe almeno per un po’. E guardare il proprio Paese in guerra “da fuori”, provando a riflettere, trovare chiavi di lettura e forza per reagire. Una presa di coscienza del dolore, necessaria per un servizio come quello prestato da 14 educatori e psicologi dell’est dell’Ucraina in questi giorni a Roma. Del loro viaggio racconta all’agenzia Dire monsignor Maksym Ryabukha, vescovo ausiliare dell’esarcato greco-cattolico di Donetsk, responsabile su un’area orientale oggi tagliata dalla linea del fronte. Il religioso risiede nella città di Zaporizhzhia, sotto controllo ucraino ma a poche decine di chilometri dalla centrale atomica più grande d’Europa, in mani russe. Proprio questa settimana l’impianto è stato colpito da droni armati: ci sono stati “impatti fisici” in tre punti anche se, stando ai responsabili della centrale, non sono stati registrati aumenti nei livelli di radiazioni.

“NON SENTIRE ESPLODERE LE BOMBE PER UN PO’”

Monsignor Ryabukha parla della sua visita a Roma. “Sono venuto per dire grazie all’Università pontificia salesiana” sottolinea. “Ci ha dato uno spiraglio di speranza, permettendo un corso di formazione per educatori e psicologi impegnati nella riabilitazione dopo i traumi di guerra“. Sono arrivati a Roma da zone dove i bombardamenti russi sono divenuti più intensi nelle ultime settimane. “Purtroppo l’Ucraina sta attraversando un periodo difficile e i raid sono aumentati anche nelle aree urbane, sia a Zaporizhzhia che a Kharkiv” sottolinea il vescovo. “Come comunità salesiana e come esarcato di Donetsk ci chiedevamo come aiutare la nostra gente ad affrontare la tragicità di questi giorni: a volte capita che siano colpiti palazzi ed edifici civili e che non appena arrivano soccorritori e pompieri si verifichino nuovi bombardamenti”.

“UN DRAMMA CHE CI INTERROGA”

Gli incontri all’Università nascono da questa esperienza. “E’ un dramma che ci interroga e i corsi sono una prima risposta” sottolinea monsignor Ryabukha. “Gli operatori ucraini incontrano i colleghi salesiani che in Siria portano avanti lo stesso impegno contro i traumi di guerra: si respira insieme, per un momento non si sentono esplodere le bombe, si riesce a guardare alla propria realtà da fuori, provando a riflettere e magari a trovare le chiavi di lettura e la forza di reagire”. All’ombra della centrale nucleare si tornerà tra alcuni giorni. Monsignor Ryabukha ricorda il bombardamento di questa settimana. “C’è qualcuno che gioca sull’umanità” accusa: “Qualsiasi incidente possa capitare alla centrale non riguarderebbe solo la città di Zaporizhzhia, che sarebbe spazzata via completamente dall’esplosione, ma farebbe danni a mezzo mondo”.

TRUMP E LA FINE DELLA GUERRA “IN 24 ORE”

Nell’intervista gli esseri umani vengono prima della politica. E però spunta almeno un riferimento nei giorni degli annunci di una conferenza “di pace” in Svizzera e delle dichiarazioni di Donald Trump. L’ex presidente americano, di nuovo candidato alla Casa Bianca, promette di porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina “in 24 ore”. “E’ difficile fare previsioni, perché in realtà i politici dicono tante cose prima delle elezioni e poi la vita non va sempre in quella direzione” dice monsignor Ryabukha. “Se per caso si allude alla possibilità di togliere qualsiasi aiuto all’Ucraina per farla cadere in 24 ore sarebbe bene ricordare che c’era qualcuno in Russia che sperava di farla cadere in tre giorni: invece siamo qui a combattere da quasi due anni per la nostra libertà”.

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