Smart working, Rotondi di Lablaw: “Va ripensato l’intero modus operandi del lavoro subordinato”

MILANO – Francesco Rotondi, giuslavorista, name partner di Lab Law, noto studio legale milanese interviene sul ritorno alla tipologia di smart working, pre-Covid. “Lo strumento nasceva dall’immaginare una modalità per rendere la prestazione più flessibile rispetto ai paradigmi della subordinazione ‘classica’ legata al tempo ed allo spazio della prestazione di lavoro. Nella sua formulazione era uno strumento funzionale a un ammodernamento ‘in parallelo’ delle organizzazioni produttive e della prestazione lavorativa, ma si è rivelato, nei primi due anni di applicazione, un fenomeno ‘di nicchia’, adottato per lo più da grandi imprese multinazionali, incluse grandi imprese italiane multinazionali o a vocazione internazionale, con numeri non particolarmente significativi nel mercato. Anche le criticità della norma del 2017 erano in parte superate o sottovalutate dai numeri della sua applicazione” afferma Rotondi.

Il Covid ha comportato un utilizzo massivo dello strumento, che dall’innovazione organizzativa è migrato verso una finalità emergenziale: con due effetti di sistema- continua- da un lato sganciando lo sw dalla finalità propriamente imprenditoriale; ma dall’altro, dimostrando la sua ampia praticabilità e i suoi benefici anche sul piano sociale. Il dibattito sulle criticità e le opportunità dello sw è ancora aperto. Alla prima fase di iniziale scetticismo da parte delle imprese, ha fatto seguito una fase di ottimismo talvolta eccessivo, che ha per certi aspetti sottovalutato la necessità di coniugare lo sw con lo ‘stile organizzativo’ delle imprese. Si discute anche della necessità di un restyling normativo della legge del 2017, anche se la criticità maggiore pare essere quella che riguarda l’adattamento dell’organizzazione aziendale allo sw. Nel contempo è emersa con prepotenza una istanza sociale, vedendosi nello sw uno strumento assai efficace di conciliazione dei tempi di lavoro, di cura e di vita, che si spinge fino a invocare un ‘diritto’ allo sw. Il punto di partenza per una analisi matura del fenomeno dovrebbe essere il ripensamento del modus operandi della subordinazione, che sempre più deve tendere a rinsaldare il legame tra il modo di rendere la prestazione e i risultati attesi dall’imprenditore. A ben vedere- conclude Rotondi- questo collegamento è insito nella stessa natura dello sw, come lavoro non misurabile in base al solo tempo della prestazione, con sottoposizione a controlli sul luogo di lavoro, ma anche e soprattutto in base ai risultati prodotti“.

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