Migranti, in Tunisia un cimitero per i corpi restituiti dal mare

ROMA – Troppi i corpi che il mare restituisce sulle coste della Tunisia: persone migranti che non ce l’hanno fatta a raggiungere l’Europa, vittime di imbarcazioni fasulle e dei trafficanti di esseri umani, definiti “gangster e terroristi”. E così, come lui stesso ha spiegato, l’artista Rachid Koraichi ha deciso di dare una degna sepoltura a quei corpi per lo più impossibili da identificare creando per loro un cimitero chiamato “Giardino d’Africa”.

“Vorrei dare a queste persone un primo assaggio del paradiso” ha detto ai giornalisti Koraichi, 74 anni, origini algerine e fede nell’islam sufi. L’artista, che ha esposto anche a Venezia le sue sculture e le sue opere di calligrafia araba, ha raccontato di aver acquistato un lotto di terreno nel 2018 a Zarzis, nel sud della Tunisia, non lontano dal confine con la Libia. Il frequente ritrovamento di migranti senza vita sulle spiagge lo ha spinto a dedicare quel luogo alle sepolture. Il cimitero oggi conta già 200 lapidi curate una ad una dall’artista con le poche informazioni a disposizione: su una si può leggere “Donna, con indosso un vestito nero, ritrovata sulla spiaggia di Hachani”. Su un’altra invece è scritto: “Uomo, abito scuro, spiaggia del Four Seasons Hotel”.

La cerimonia di inaugurazione del “Giardino d’Africa” si è svolta ieri alla presenza di Audrey Azoulay, la direttrice dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, mentre oltre la metà dei posti disponibili erano già stati occupati. Koraichi ha detto che soprattutto nei mesi caldi sono rinvenuti in media quattro corpi a settimana. Nel cimitero istituito dalla municipalità di Zarzis le tombe hanno già superato quota 600. Con questi ritmi, lo scultore ha detto di temere che entro la fine dell’estate il suo cimitero sarà al completo.

I cadaveri rinvenuti in Tunisia appartengono a persone di origine africana ma anche mediorientali e asiatici. Dalla Libia o dalle coste della Tunisia tentano di raggiungere l’Europa accettando di salire su gommoni o imbarcazioni obsolete e insicure, spesso pagando ingenti somme di denaro a trafficanti senza scrupoli. Le organizzazioni per i diritti umani come EuroMed Rights hanno però chiamato in causa anche le responsabilità dell’Unione europea, sempre più restia a facilitare l’ingresso dei migranti attraverso vie legali. Secondo l’organizzazione, ottenere i visti d’ingresso è così costoso e complesso che la maggior parte dei tunisini non è in grado di presentare domanda.

L’Europa, a fronte di ingenti accordi economici, accetterebbe solo persone con elevati profili professionali, come spiegò nel 2019 all’agenzia Dire Kamel Jendoubi, presidente del Gruppo di esperti sulle prospettive future delle relazioni tra Tunisia e Unione Europea di EuroMed Rights, venuto a Roma per presentare un rapporto alla Camera: “L’Ue persegue i propri interessi, lasciando fuori i diritti delle persone e lo sviluppo socio-economico del nostro Paese”. Jendoubi allora disse: “Tra il 2011 e il 2017 oltre 100mila tra ingegneri, medici e persone con profili professionali elevati hanno lasciato la Tunisia per venire in Europa. Bisogna riequilibrare questo rapporto”.
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