Equo compenso anche per le pmi

L’esclusione delle piccole medie imprese e dei committenti privati dai soggetti tenuti a corrispondere un equo compenso al professionista rappresenta un problema per i lavoratori autonomi. La tutela nei confronti dei «clienti forti» non era necessaria, in quanto già prevista dal divieto di abuso di dipendenza economica, garanzia estesa ai liberi professionisti dalla legge 81/2017 (Jobs act del lavoro autonomo). Ad affermarlo è Giorgio Lucchetta, consigliere delegato ai compensi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec), a margine del convegno «l’abuso di dipendenza economica del professionista», organizzato ieri dall’ordine dei commercialisti di Milano. L’incontro aveva come obiettivo quello di illustrare le fattispecie di abuso e i rimedi utilizzabili dai professionisti sul piano giurisdizionale per contrastare le pratiche abusive poste in essere dai committenti. All’incontro hanno partecipato, oltre a Lucchetta, il segretario del Cndcec Achille Coppola, Marco Biasi dell’Università di Milano, Pietro Paolo Ferraro dell’Università della Campania e Oreste Pallotta dell’università Federico II di Napoli. Il convegno ha rappresentato l’occasione per presentare una serie di casi concreti in merito all’abuso di dipendenza economica; un episodio illustrato vedeva coinvolto un professionista che aveva stipulato una convenzione con un istituto bancario, rinnovata anno per anno per cinque anni consecutivi. L’importo garantito al professionista era di 10 mila euro, per una prestazione che si aggirava intorno al milione di euro. A marzo 2017 l’istituto bancario comunica al professionista che l’importo sarebbe diminuito fino a duemila euro prevedendo, tra l’altro, un’applicazione retroattiva, ovvero a partire da gennaio. Il caso in questione contiene alcune delle fattispecie vietate dall’emendamento al dl fiscale che introduce l’equo compenso; tra queste, la modifica unilaterale del contratto da parte del committente e la corresponsione di un compenso non adeguato alla quantità e qualità del lavoro svolto. «Sono molti i casi del genere che sono giunti all’attenzione del consiglio nazionale. Per sostenere i colleghi, il Cndcec affiancherà davanti al giudice i commercialisti che dovessero intentare delle cause per far valere il loro diritto ad un equo compenso. Verranno, quindi, incardinate delle cause pilota ad adiuvandum» ha affermato il consigliere Lucchetta. Anche secondo Achille Coppola la disposizione contenuta nel dl fiscale presenta margini di miglioramento. Tra questi, il segretario del Cndcec suggerisce l’introduzione di sanzioni anche dal punto di vista penale. Inoltre, «la disposizione, da sola, non è sufficiente a risolvere i problemi della categoria. E necessario cambiare il nostro modello di business per affrontare le innovazioni tecnologiche che stanno rivoluzionando la nostra professione. Dobbiamo muoverci nella direzione maggiormente richiesta dai nostri clienti, ovvero quella dei consulenti di impresa. In questo è fondamentale il ruolo delle istituzioni e del Consiglio nazionale». Nonostante l’apprezzamento espresso dai partecipanti per l’estensione della tutela a tutti i professionisti, sono parecchi, come detto, i suggerimenti dei commercialisti per apportare migliorie alla disposizione normativa. Tuttavia, le proposte di modifica emerse dal convegno non potranno, con tutta probabilità, essere accolte in quanto il testo del decreto fiscale non dovrebbe essere modificato dal passaggio a Montecitorio.

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