Visco: pensioni sostenibili con più lavoro e meno debito

Un sistema previdenziale finanziato a ripartizione (ovvero con i contributi versati dai lavoratori) e basato su uno schema a contribuzione definita come quello italiano è sicuramente trai più resistenti alle crisi congiunturali e agli squilibri di lungo periodo imposti dall’invecchiamento della popolazione. Tuttavia oltre la sostenibilità di un sistema conta l’adeguatezza delle prestazioni. E in questa prospettiva è indispensabile che «a una maggiore domanda di lavoro dei più anziani si affianchi una adeguata offerta». Ma è anche necessario «promuovere la previdenza complementare» guardando in particolare «alla dinamica dei costi di amministrazione e delle commissioni di gestione dei fondi, non sempre trasparenti». È quanto ha affermato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento agli “Stati generali delle pensioni”, un convegno organizzato dall’Università Bocconi in collaborazione con Deutsche Bank. Visco ha parlato dei problemi di lungo periodo posti da un debito pubblico e da un debito pensionistico molto elevati ricordando che nelle graduatorie stilate dalla Commissione europea con indicatori che misurano la sostenibilità dei sistemi previdenziali la posizione dell’Italia è piuttosto buona. In particolare la misura dell’indicatore sa garantire l’occupabilità di anziani e giovani: «Sono uno spreco di potenzialità» Promuovere la previdenza complementare guardando ai costi amministrativi effettuata prima della pandemia, rivela che l’innalzamento dell’avanzo primario necessario per consentire che il debito pubblico sia interamente ripagato nel tempo è attorno all’i,5% perii nostro Paese, in linea con Germania e Spagna, mentre la Francia si colloca appena sopra lo sopra del 17% del prodotto. Sul fronte del debito – ha detto Visco – occorre fare di tutto per centrare quel consolidamento indicato nella Nota di aggiornamento al Def, che prevede un ritorno ai livelli pre-Covid nell’arco di un decennio. L’obiettivo è alla portata con un tasso medio di espansione del Pii in termini reali dell’1,5%, ovvero quello registrato nei dieci anni precedenti la crisi finanziaria globale, un’inflazione vicina al 2%, una produttività totale attorno allo 0,7%(in linea con le medie storiche pre-crisi) e portando l’avanzo primario al 1,5 % dal 2025 in avanti. «Il conseguimento di questi risultati ha sottolineato il governatore – potrebbe essere più agevole se il rafforzamento dell’accumulazione si concentrasse sul recupero dei ritardi nel campo della digitalizzazione e sul rilancio della spesa nella scuola e nella ricerca». La gravita della situazione è evidente – è stato fatto notare – quando si consideri il fatto che il nostro Paese è al penultimo posto nell’Ocse per la quota di laureati nella fascia d’età compresa i 25 e i 34 anni (28%, a fronte di una media del 44%, con valori superiori al 60% per il Canada, il Giappone e la Corea del Sud). E l’Italia è invece al primo posto per la percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione (oltre due milioni: il 22 per cento della popolazione in questa fascia di età. il 33 per cento nel Mezzogiorno). «Si tratta – ha concluso il governatore – di un drammatico spreco di potenzialità a livello non solo economico.con conseguenze particolarmente gravi sul piano sociale: è urgente rispondere. Da questo soprattutto dipende il futuro del Paese e, in ultima istanza , il rientro da un debito pubblico molto elevato e la sicurezza del mantenimento degli impegni sul fronte previdenziale».

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