Festa della Liberazione: ricordiamo l’antifascismo non violento di Aldo Capitini

ROMA – Aldo Capitini (nato a Perugia il 23 dicembre 1899 e lì morto il 19 ottobre 1968) lo ricordano in pochi e dispiace. Perché è stato un eccezionale studioso e politico, si può dire il primo in Italia a scoprire, nel 1930 e in pieno regime fascista, la dimensione politica del messaggio rivoluzionario di Gandhi incentrato sulla non violenza, non menzogna, non collaborazione. Vedendo proprio da qui, nella pratica della non collaborazione, quella resistenza capace di sconfiggere il fascismo. Capitini entra in polemica anche con la Chiesa cattolica, secondo lui se avesse voluto il Vaticano avrebbe fatto cadere il fascismo proprio dispiegando una ferma non collaborazione. Con il suo no alla Chiesa Capitini accetta la nuova dimensione di ‘libero religioso’.

Tra il 1931 e il 1943 diventa esempio di vita e di pensiero per molti giovani, intellettuali e operai, ribaltando il vecchio detto latino, ‘si vis pacem para bellum‘, in ‘se vuoi la pace prepara la pace’. Il regime fascista lo punta e subito punisce anche mettendolo in galera. Nel 1932 Capitini è segretario della Scuola Normale di Pisa e rifiuta la tessera  del Partito Fascista necessaria per mantenere il posto di lavoro. In una lettera ai suoi familiari spiega la sua decisione così: “Faccio quello che è giusto e non temo nulla… Essendo io contrario alla violenza non posso dirmi fascista e compiere l’ipocrisia di iscrivermi o la viltà di cedere”. Diventa pure vegetariano, sperando che questa scelta aiuti a sconfiggere l’arrivo della guerra: “… perché vedevo che Mussolini portava gli italiani alla guerra e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali si sarebbe sentita maggiore avversione nell’uccidere gli uomini”.

Il suo pensiero si evolve e Capitini diventa un centro di opposizione attiva elencando i suoi rifiuti, i suoi 12 NO: “al nazionalismo, all’imperialismo, al centralismo assolutistico, al totalitarismo, al prepotere poliziesco, all’esaltazione della violenza, al finto rivoluzionarismo attivista, all’alleanza con il conservatorismo della Chiesa, al corporativismo, al rilievo forzato e malsano di un solo tipo di cultura ed educazione, l’ostentazione delle poche cose fatte, dilapidando immensi capitali, invece di affrontare il rinnovamento del Mezzogiorno, all’onnipotenza di un uomo”. Nel dopoguerra Capitini, tra i primi ad opporsi al fascismo e che tanto soffrì durante il regime Mussolini, venne lasciato fuori dalla Costituente. Ma non molla, e fonda i Centri di Orientamento sociale, il Movimento di Religione, il Centro di coordinamento internazionale per la Nonviolenza, la Consulta italiana per la pace, il Movimento Nonviolento. Fino alla morte, nell’ottobre del 1968, mantiene sempre la centralità della sua scelta antifascista nonviolenta.

Nel filmato che qui viene proposto, e ringraziamo Rai Cultura della gentile concessione, si ricostruisce in breve la biografia di Aldo Capitini grazie alle numerose testimonianze  di amici come Padre Ernesto Balducci, Norberto Bobbio, Guido Calogero, Ugo La Malfa, Alessandro Natta, Pietro Pinna. I suoi modelli furono San Francesco e Gandhi: “La nonviolenza non è cosa negativa come parrebbe dal nome- afferma Capitini- ma è attenzione e affetto per ogni singolo essere proprio nel suo essere lui e non un altro, per la sua esistenza, libertà, sviluppo. La nonviolenza non può accettare la realtà come si realizza ora, attraverso potenza e violenza e distruzione dei singoli, e perciò non è per la conservazione, ma per la trasformazione; ed è attivissima, interviene in mille modi, facendo come le bestie piccole che si moltiplicano in tanti e tanti figli. Nella società la nonviolenza suscita solidarietà viva e dal basso. Anche verso gli esseri non umani la nonviolenza ha un grande valore, appunto come ampliamento di amore e di collaborazione”. Un grande italiano, una grande lezione di vita e pensiero.

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