Salvini frega il posto al ministro Orlando, sindacati si preparano a lottare contro i licenziamenti

ROMA – Il Governo corre ai ripari contro i licenziamenti ma i sindacati non si fidano e si preparano alla protesta contro Confindustria e gli imprenditori che vogliono mano libera per mandare a casa i dipendenti. Sarà un confronto sempre più duro che per forza di cose investirà il Governo e il premier Mario Draghi.

Intanto il presidente di Confindustria ha già indossato l’elmetto e si è scagliato contro Andrea Orlando, ministro del Lavoro: “Avevamo incontrato il ministro ed era stato trovato un accordo per prorogare il blocco al 30 giugno. Poi ci siamo trovati di fronte a un cambio di metodo inaspettato e inaccettabile”, ha sentenziato. Matteo Salvini, leader della Lega, ha subito fiutato l’occasione per mettersi alla testa degli interessi in gioco. Addirittura ‘vestendo’ i panni del ministro del Lavoro, che per il momento sta a guardare: “La priorità della Lega – ha detto Salvini- è il lavoro, al momento manca il dialogo e di questo ci facciamo carico noi e chiederò un incontro con le parti coinvolte, dalle parti sociali alle imprese. Conto durante la settimana di incontrare Confindustria. Serve equilibrio, non puoi prorogare a vita il blocco dei licenziamenti. Serve sostenere le aziende dando soldi per non licenziare e al contempo dare un paracadute ai lavoratori. L’ultima cosa da fare in questo momento è allungare l’età pensionabile”.

Il Governo ha avanzato la sua proposta di mediazione per placare gli animi: l’esecutivo, a quanto hanno fatto sapere da Palazzo Chigi, “ha sostanzialmente introdotto un forte incentivo a non licenziare, pur non toccando il limite del blocco”. In sostanza: fino al 30 giugno c’è cassa integrazione (cig) covid gratuita e divieto di licenziamento totale per tutte le aziende, sia quelle che usano cig sia quelle che non la usano. In assenza di un intervento del governo, l’industria e l’edilizia sarebbero tornate alla normalità dal 1 luglio, ovvero userebbero la loro cig ordinaria che ha un costo di funzionamento del 9%-15% della retribuzione e avrebbero la libertà di licenziare. L’intervento del governo prevede – in linea con tutti gli altri paesi europei che da sempre hanno preso questa strada- di garantire la cig gratuita anche dopo l’1 luglio (le aziende non avrebbero possibilità di scelta tra usare cig a pagamento o gratuita, ovvero se l’azienda prende cig deve prenderla gratuita) in cambio dell’impegno a non licenziare nessun dipendente. Diversamente da ora quindi dopo l’1 luglio non si tratterebbe più di un divieto assoluto di licenziamento (perché un’azienda che non voglia chiedere la cig è libera di licenziare) ma di un forte incentivo a non farlo (perché il ricorso alla cig è gratuito per l’azienda). Tutto questo vale solo per industria e edilizia, per i servizi il divieto totale di licenziamento (per tutte le aziende sia che usino cig sia che non la usino) vale fino a fine ottobre e cig gratuita fino a fine anno.

La presa di posizione del Governo, comunque, non ha convinto i sindacati. Sui licenziamenti “per noi la partita non è chiusa- ha sottolineato il segretario della Cgil, Maurizio Landini- la decisione del governo non ci convince, il rischio è che da luglio ci siano migliaia di licenziamenti, il messaggio che si manda ascoltando Confindustria è che i problemi si risolvono con la libertà di licenziare… i testi non li abbiamo ancora visti, ci sono aiuti alla imprese ma l’impresa può decidere se licenziare o no, ma se hai aiuti pubblici e non hai costi aggiuntivi l’utilizzo deve avere il vincolo di non licenziare”.

Anche per il leader della Cisl Luigi Sbarra, “quella del governo è una soluzione debole, non in grado di arginare il rischio di uno tsunami sociale e occupazionale che arriverà con l’uscita dal blocco dei licenziamenti. Sono decisioni unilaterali, questo pasticcio è frutto del mancato confronto”. Ancora più duro il segretario della Uil, Pier Paolo Bombardieri: “In questa settimana mentre noi chiediamo “zero morti sul lavoro”, qualcuno chiede “zero diritti” e sono le stesse associazioni datoriali che “hanno avuto il 74% dei finanziamenti dello Stato. Venerdì saremo in piazza per far sentire la nostra voce. Centinaia di migliaia di persone rischiano di perdere il proprio posto di lavoro. Noi siamo sempre per risolvere i problemi e per trovare le soluzioni: speriamo che ciascuno faccia appello al proprio senso di responsabilità per evitare di incendiare il Paese”.

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