Bosnia, la palestra di arrampicata che aiuta l’integrazione

ROMA – “Sono veramente contenta che abbiano aperto questa palestra di arrampicata, ho portato anche mio figlio e ci sono già tanti bambini. E’ una fortuna per la nostra città. Penso che verrò qui ogni giorno, e mi aspetto che molte altre persone si uniranno”. Elvedina Nuspahic è un’infermiera e al telefono all’agenzia Dire racconta le sue impressioni sulla ‘Flamingo Loophole’, la nuova palestra di arrampicata terapeutica completamente gratuita e aperta a tutti, adulti e bambini, inaugurata lo scorso fine settimana a Bihac. Questa città nell’estremo nord-ovest della Bosnia, dove il paese si incunea nella Croazia, dal 2018 è divenuta una delle più importanti tappe sulla cosiddetta “rotta balcanica”: migranti da Asia, Africa e medio oriente la affrontano per cercare di varcare i confini dell’Unione europea.

Un viaggio rischioso, che secondo le associazioni per i diritti umani implica respingimenti da parte degli agenti di frontiera, accusati anche di derubare e malmenare persone. Quelle che non riescono ad entrare nell’Ue vanno a ingrossare i campi profughi nelle periferie, e partecipano alla sfida quotidiana con i residenti di trovare di che vivere. A complicare le cose, il fatto che diversi abitanti siano a loro volta profughi della guerra degli anni Novanta.

La palestra di arrampicata è stata pensata quindi soprattutto per i residenti, e a realizzarla ci ha pensato Mediterranean Hope (Mh), il programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, già presente a Lampedusa e in Libano con interventi specifici.
Niccolò Parigini, referente di Mediterranean Hope in Bosnia, spiega: “Lavorando qui ci siamo accorti che ai giovani mancano luoghi di aggregazione e alternative per il tempo libero, in una situazione non facile, con alti livelli di disoccupazione”.

“A Bihac, abbiamo deciso di creare questo spazio sicuro e dare un’alternativa ai giovani, in collaborazione con l’associazione locale Spectrum, che si occupa di sport” sottolinea Lea Karam, operatrice di origini libanesi di Mediterranean Hope. Perché una palestra terapeutica? “Perché l’arrampicata combina lo sport individuale e di gruppo- replica l’operatrice- quindi si lavora sul rapporto di fiducia con altre persone e sulle proprie capacità, anche di entrare in relazione con gli altri. Non a caso è consigliata per chi ha una sindrome da stress post traumatico, con problemi di ansia e depressione”.

Problemi, questi, che dopo mesi di cammino e violenze spesso i migranti sviluppano. Quanto al benessere della città, conclude Karam, “speriamo che lo sport possa avvicinare le persone e a costruire la comunità”.
Nirvana Janda, proprietaria di un call center, aggiunge: “Mi piace tanto fare arrampicata. Ho iniziato pochi mesi fa e mi ha aiutato molto a superare le mie paure. Penso che questa palestra sarà davvero utile ai ragazzi di Bihac: né qui né nella regione esisteva nulla del genere”.

La struttura è ampia circa 200 metri quadri con pareti attrezzate di circa 100 metri quadrati, e il design tecnico è stato realizzato dall’artista e climber Francesco Bertelè.]]

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