L’onere derivante dal riscatto del diploma di laurea non può essere compensato dalla contribuzione eccedente incamerata dalla Cassa di previdenza professionale a seguito di un provvedimento di ricongiunzione (regolato dalla legge 45/1990). Con la sentenza 30234/2017,1a Corte di cassazione ha affermato tale principio, non supportando le ragioni di un avvocato iscritto alla Cassa forense. Il professionista voleva vedersi riconoscere il diritto al riscatto degli anni di laurea attraverso la compensazione del relativo debito con la maggiore somma incamerata dalla Cassa a seguito del ricongiungimento della contribuzione, versata all’Inps in virtù di un precedente rapporto lavorativo o, in subordine, del diritto all’indennizzo derivante da un affermato arricchimento senza causa. Secondo la Suprema corte non sussistono i presupposti legali della compensazione del credito con il debito poiché il ricorrente non vanta alcun credito. Questo perché, nel nostro ordinamento, non esiste una norma che consenta di rientrare in possesso della contribuzione eccedente derivante da un provvedimento di ricongiunzione. Da ciò ne deriva che non può esistere neppure un diritto disponibile a essere esercitato in “compensazione”. In passato, anche la Corte costituzionale era stata chiamata a esprimersi in merito alla ripetibilità delle contribuzioni, ma non ha riscontrato vizi di irragionevolezza, considerato che il sistema previdenziale italiano è un sistema solidaristico. Il pagamento di contributi a fronte di quali non corrispondono prestazioni previdenziali non dà luogo ad arricchimento senza causa della gestione destinataria dei contributi (Corte costituzionale 390/1995 e 439/2005). Ciò vale sia nell’ipotesi in cui gli eventi non si sono verificati, sia quando non possono più verificarsi. La norma che disciplina la ricongiunzione dei periodi assicurativi a fini previdenziali per i liberi professionisti prevede inoltre esplicitamente che coloro che si avvalgono di tale opzione non possono esercitare la facoltà di restituzione dei contributi per mancanza dei requisiti pensionistici (articolo 8 della legge 45/1990). In particolare si tratta degli iscritti alla Cassa dei dottori commercialisti, alla Cassa forense, agli ingegneri e architetti (oggi Inarcassa) e degli iscritti alla cassa geometri.
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