La rivoluzione digitale Ăš stata vissuta spesso con diffidenza dai professionisti, non senza ragione: accanto a indubitabili vantaggi ha caricato sulle loro spalle pesanti oneri come la necessitĂ di investire su hardware, software, formazione del personale, e in molti casi anche vere e proprie corveĂ©, in genere obblighi di compilazione e di trasmissione di dati alla pubblica amministrazione, adempimenti di solito poco o nulla retribuiti. Da liberi professionisti rischiano di trasformarsi nella ruota di scorta della macchina statale. Tuttavia bisogna dare atto agli ordini professionali di aver fatto, in questi anni, anche qualche tentativo per cavalcare e non solo subire l’evoluzione tecnologica. Forse la piĂč attiva in questo senso Ăš stata la professioni piĂč bistrattata dal legislatore negli ultimi vent’anni. I notai hanno visto i loro redditi ridursi in modo drastico, a causa della crisi immobiliare e della sottrazione di alcune competenze, ma hanno continuato a cavalcare l’innovazione su vari fronti. Per esempio hanno istituito registri digitali per facilitare la designazione degli amministratori di sostegno, sono stati i primi a capire e sfruttare le potenzialitĂ della blockchain nel garantire la certezza dei rapporti giuridici, hanno costituito una sorta di superagenzia immobiliare digitale finalizzata a garantire le dismissioni di immobili pubblici e privati. Ovviamente i notai non sono gli unici a essersi rimboccati le maniche: i dottori commercialisti stanno lottando da anni per far decollare le Sap, le scuole di alta formazione che dovrebbero garantire una maggior specializzazione e professionalitĂ alla categoria. I consulenti del lavoro hanno lanciato l’Assepco, cioĂš l’asseverazione della regolaritĂ contributiva dei contratti, una certificazione rilasciata dal consiglio nazionale che dovrebbe incentivare il lavoro etico. A dimostrazione del fatto che le professioni hanno radici profonde nella nostra societĂ , tanto da riuscire a produrre idee e progetti innovativi e di rilevante impatto sociale anche come risposta alla vergognosa campagna di delegittimazione e di spoliazione portata avanti negli anni scorsi dalla combriccola Visco-Bersani-Antitrust con la compiacenza di Confindustria.
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