Pensioni, ai professionisti piace il cumulo ma i calcoli Inps sono a rischio ricorsi

Esultano i professionisti iscritti alle Casse previdenziali private. Pochi giorni fa si è chiusa l’ultima trattativa con l’Inps, che ha dovuto prendere accordi con ogni singolo ente. Ora tutti gli iscritti di qualunque Cassa possono chiedere il “cumulo” dei vari periodi prestatati in gestioni previdenziali diverse. E senza alcun onere (questo è il bello): in pratica i vari periodi daranno luogo a spezzoni di pensione che saranno raccolti dall’Inps ed erogati con un unico assegno. Ma se i professionisti godono, non così è per le Casse private. Queste dovranno farsi carico degli eventuali maggiori oneri dovuti alla “ricostruzione” di ogni singola carriera. Mentre – al contrario – l’Inps se ne lava le mani, e con un’interpretazione particolare della norma sul cumulo, che alcuni ritengono illegittima, evita di dover pagare più di quanto preventivato. Il risultato potrebbe essere una valanga di ricorsi da parte dei singoli pensionati. Ma andiamo per ordine. Il cumulo esisteva già per tutte le gestioni previdenziali. Soltanto le Casse private ne erano escluse. Così, su pressione della categoria, il Parlamento ha alla fine approvato la norma che apre la strada a questo istituto. Poi sono cominciate lunghe trattative dei singoli enti con l’Inps e adesso, dopo molti mesi, il quadro è completo. II cumulo è gratuito mentre l’altro istituto possibile, la “ricongiunzione”, è in linea teorica oneroso per il contribuente, anche se non sempre. La ricongiunzione porta materialmente i montanti contributivi maturati in altre gestioni dentro l’ultima Cassa a cui si è iscritti. Alla fine, la Cassa ricalcola la pensione come se il contribuente avesse sempre pagato i contributi a quest’ultima. Questo pub comportare un onere, quando i contributi versati in altre gestioni erano inferiori a quelli che si sarebbero dovuti pagare alla Cassa. Ma a volte pub accadere anche che non ci sia differenza con i contributi pagati in altri istituti e quindi non c’è nulla da pagare. L’alternativa alla ricongiunzione – che per inciso va “programmata” quando si entra nell’ultima Cassa presentando subito una domanda in tal senso per evitare di pagare su redditi futuri, che saranno nella maggior parte dei casi più elevati di quelli attuali – era la totalizzazione. Quest’ultima non comporta oneri: usandola, pero, si va in pensione un po’ più tardi perché si devono usare le cosiddette “finestre” che comportano uno slittamento di almeno 18 mesi per andare in pensione. Inoltre, spesso la scelta della totalizzazione fa sì che la pensione sia calcolata interamente con il meno favorevole metodo “contributivo”. Alla resa dei conti, fra le tre soluzioni, quella del cumulo sembra essere in molti casi la più favorevole. Per una serie di ragioni. Intanto, come si è detto, l’iscritto non paga nulla. Secondo, la ricostruzione della carriera pub portare il pensionando nella felice posizione di vedersi attribuita una molto favorevole pensione “retributiva”, se la ricostruzione al passato permette di superare un certo numero di anni. Di converso, l’onere per le Casse potrebbe salire, e di molto: «L’estensione del cumulo alle Casse professionali – dice Alberto Oliveti, presidente dell’Adepp, l’associazione delle Casse professionali – è avvenuta in sede parlamentare: è stato fissato il principio (sacrosanto, che tutti gli spezzoni contributivi vengano valorizzati) ma non erano stati affrontati una serie di nodi sia economici sia procedurali. Per esempio si è visto che l’applicazione del cumulo pub portare a un dispendio aggiuntivo per le Casse modificando gli equilibri di sostenibilità (per esempio aumentando il numero di pensioni anticipate). Stabilire lo procedure si è poi rivelato molto complesso tanto che le ultime convenzioni tra l’Inps e alcune Casse sono state firmate solo una settimana fa». Ma il punto più controverso è questo: superato un certo numero di anni, molte Casse sono costrette ad applicare il metodo “retributivo”, e fin qui nulla quaestio anche se gli enti si sono ritrovati a rifare i conti attuariali. Tuttavia l’Inps, perla quota di sua competenza, si rifiuta di pagare una pensione retributiva mentre applica il sistema contributivo. Da qui potrebbe nascere una nuova corsa ai ricorsi al Tar. Il comma 246 della legge 228/2012 stabilisce che “per la determinazione dell’anzianità contributiva rilevante ai fini del sistema di calcolo della pensione si tiene conto di tutti i periodi assicurativi non coincidenti, accreditati nelle gestioni di cui al comma 239…”. «Nella sostanza – afferma Nunzio Luciano, presidente della Cassa Forense – la legge sembra molto chiara. E quindi noi, quando ne ricorrono le condizioni, applichiamo – perla quota relativa alla nostra pensione – il calcolo retributivo. Gli eventuali problemi non sono nostri ma dell’Inps: se chi va in pensione con il cumulo si riterrà danneggiato dal sistema di calcolo dell’Inps potrà fare ricorso per la lesione di un diritto soggettivo». In conclusione, il cumulo – pur benedetto dai professionisti per i suoi vantaggi – produce un aggravio di spesa per le loro Casse. Mentre potrebbe innescare una serie di ricorsi al Tar. Un’altra storia italiana.

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