Intervista a Claudio Durigon – “Casse private, si cambia”

“Sono passati otto anni, è l’ora di modificare la delega sugli investimenti delle Casse professionali, anche se occorre farlo con prudenza». A parlare è il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che milita nella Lega. È il suo turno di occuparsi di quel vero rompicapo che è il decreto investimenti che nella scorsa legislatura, dopo vari tiramolla giuridici, era stato abbandonato proprio quando sembrava sul punto di essere approvato. Allora se ne occupava il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, che fu costretto a gettare la spugna nonostante l’indubbio impegno personale profuso. Il decreto, secondo alcuni esperti, peccava di rigidità e non riconosceva adeguata autonomia agli enti previdenziali, che una sentenza della Consulta ha qualificato come “privati”. Le Casse aspettano da troppo tempo un decreto investimenti più moderno, che permetta di usare strumenti nuovi. Lei pensa che possa essere approvato in tempi brevi?

«Il decreto investimenti è previsto dal DI n.98/201. Occorre, tuttavia, anche un regolamento attento ai rischi e che obblighi le Casse ad adottare determinati presidi, modelli organizzativi e competenze. Chi gestisce contribuzione obbligatoria ed effettua investimenti per conto dei lavoratori deve essere adeguatamente attrezzato e responsabilizzato. Serve modificare la norma di delega del 2011 per arrivare velocemente ad un regolamento più adeguato ai tempi e ai rischi».

Si trova d’accordo sulla possibilità di non effettuare gare pubbliche per la scelta dei gestori come chiede l’Adepp, l’associazione delle casse private?
«Le gare ad evidenza pubbliche erano contenute nella precedente versione del decreto che non trovò mai la luce. La contestazione delle Casse, al tempo, era che i tempi per scegliere i gestori (e cambiarli se non funzionano) non sono compatibili con le lunghe e farraginose procedure perle gare. E comunque in nessun paese del mondo si fanno. Certamente è difficile applicare il codice degli appalti per la scelta dei gestori degli investimenti. Non è efficiente e non è efficace. Occorre vedere se è possibile modificare il codice appalti su questo aspetto e nel caso, comunque, servono procedure trasparenti. Per le fattispecie escluse comunque avviare un beauty contest. Ricordiamoci i principi che si applicano all’affidamento dei contratti pubblici esclusi: economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica».

Sempre l’Adepp chiede anche che le tipologie di investimento possibili abbiano range più ampi di applicazione rispetto a quelli attuali. È d’accordo?
«Non si è mai stato posto un problema sui limiti, se non sull’immobiliare. Anzi spesso i governi hanno pressato sulle casse per chiedere loro di investire dove proprio era rischioso. Si ricordi la vicenda dei non per forming loans con il governo Renzi. Oggi occorre evitare i nuovi rischi che si nascondono oltre che in certe società di gestione del risparmio anche negli investimenti in venture capitai o nel private equity. Il problema comunque, per le casse, è principalmente quello di dismettere un patrimonio immobiliare il cui valore di mercato è oggi da verificare con attenzione».

Le casse professionali chiedono che il decreto lasci aperta la porta a futuri strumenti di gestione degli investimenti senza bisogno di riscrivere di nuovo il decreto: si può fare?
«Il mercato dei prodotti finanziari è in continua evoluzione e difficilmente un regolamento potrebbe in effetti prevedere tutte le fattispecie. L’importante sono i presidi, le competenze degli organi e degli advisor e l’indipendenza dei soggetti valutatori».

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