E-fattura, privacy con trappola

Tutelare la riservatezza dei propri dati aziendali può esporre al rischio di una verifica fiscale. È quello che potrebbe accadere a tutti i contribuenti che, entro il prossimo 31 ottobre, non esprimeranno il consenso all’adesione ai servizi di consultazione delle fatture elettroniche messo a loro disposizione, gratuitamente, dall’Agenzia delle entrate. E questa la conclusione alla quale si può giungere leggendo la versione integrata della faq n.195 pubblicata nel sito internet delle Entrate lo scorso 19 luglio. Dopo aver infatti chiarito che per effetto dell’adesione al servizio di «Consultazione» l’utente ottiene la garanzia di ritrovare in qualsiasi momento (nei limiti temporali previsti dal provvedimento dell’Agenzia del 30 aprile 2018) le sue fatture emesse e ricevute all’interno del portale Fatture e Corrispettivi nonché rendere i rapporti con l’amministrazione finanziaria più trasparenti e collaborativi, l’amministrazione stessa – e questo è il testo aggiunto all’originaria risposta — ha ritenuto di dover ulteriormente precisare che la «mancata adesione al servizio di «Consultazione» rappresenterà un elemento di valutazione nell’ambito dell’attività di analisi del rischio condotta dall’Agenzia delle entrate» (si veda tabella in pagina). La possibilità di non aderire al servizio di consultazione delle fatture elettroniche è stata introdotta nella versione aggiornata del provvedimento direttoriale del 21 dicembre 2018, per effetto delle prescrizioni del Garante della privacy che ha rinvenuto varie «falle» nel processo di emissione e conservazione delle fatture elettroniche attraverso il sistema di interscambio (c.d. Sdi). Alla luce delle prescrizioni dell’Autorità sulla protezione dei dati personali soltanto in caso di adesione espressa ai servizi di consultazione offerti dall’Agenzia delle entrate, quest’ultima potrà conservare i dati contenuti nel c.d. «corpo» della fattura elettronica, dovendo invece procedere alla loro distruzione nel caso di mancata adesione al servizio da parte del contribuente. La mancata adesione al servizio di consultazione non è un’attività motivata unicamente dalla necessità di celare al fisco la qualità e quantità dei servizi o della mercé offerta. Chi non aderisce ai servizi di consultazione non può dunque essere, automaticamente ed acriticamente, considerato un potenziale evasore fiscale come sembra insinuare la precisazione inserita nella risposta in commento. Una tale posizione, peraltro, si pone in un’ottica di totale contrapposizione anche con la stessa Autorità garante per la protezione dei dati personali: anziché venire incontro alle richieste di intervento e di precisazione formulate da quest’ultimo, preferisce invece mettere pressione ai contribuenti avvisandoli che la mancata adesione ai servizi offerti verrà considerato comportamento fiscalmente pericoloso e come tale trattato. L’effetto è che nessun professionista avrà la possibilità di suggerire ai propri clienti soluzioni diverse dall’adesione al servizio. Finendo per prescindere da valutazioni di convenienza e di utilità dell’adesione al servizio, che effettivamente esistono, ma decidendo unicamente per evitare lo spauracchio di un controllo fiscale.

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